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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2014 alle ore 13:58.
L'ultima modifica è del 15 luglio 2014 alle ore 18:28.

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(Epa)(Epa)

STRASBURGO - Il presidente designato della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha ricevuto stamani dal Parlamento europeo un atteso voto di fiducia. L'ex premier lussemburghese ha ottenuto 422 sì, 250 no, 57 astensioni e voti invalidi. La maggioranza minima era di 376 voti. A votare a favore di Juncker, designato a fine giugno dai Ventotto paesi dell'Unione, sono stati i Popolari, i Socialisti, e i Liberali. La votazione ha mostrato la presenza di franchi-tiratori. In teoria, Juncker poteva godere di una maggioranza di 480 deputati.

Il voto di oggi è giunto dopo che l'ormai nuovo presidente della Commissione aveva pronunciato un discorso in tre lingue con cui ha cercato di convincere i deputati a concedergli la loro fiducia. L'allocuzione, durata oltre 45 minuti e spesso interrotta da applausi, ma anche da fischi, è stata l'occasione per tratteggiare un programma politico che prevede, tra le altre cose, un piano di investimenti pubblici e privati, il ritorno al metodo comunitario, l'idea di un bilancio proprio della zona euro e una politica comune sul diritto d'asilo.

Fine politico e ottimo conoscitore delle molte idiosincrasie europee, Juncker ha parlato in francese quando si è trattato di criticare la tendenza di alcuni stati membri al nazionalismo; si è espresso in tedesco quando ha voluto spiegare l'importanza dell'economia sociale di mercato e la necessità di risanare i conti pubblici; è passato all'inglese quando ha sottolineato l'urgenza di rafforzare il mercato unico, anche per rilanciare l'economia. Ciononostante, è stato fischiato dai deputati inglesi quando ha affermato che "l'euro protegge l'Europa contro il disordine monetario".

"Voglio una Commissione che sia politica, più politica. Sarà molto politica", ha detto Juncker, un ex premier lussemburghese di 59 anni che negli ultimi tre decenni è stato un protagonista della vita istituzionale europea, sedendo sia nel Consiglio europeo che nell'Eurogruppo. "Da presidente della Commissione, non sarò il segretario del Consiglio né l'aiutante di campo del Parlamento (…) Rinunciamo ai dibattiti ideologici che coltivano le divisioni (…) Usiamo il pragmatismo come metodo di lavoro".

Riferendosi alle divisioni provocate negli ultimi anni dalla crisi finanziaria, economica e debitoria, Juncker ha esortato i governi a rinunciare "all'ombelico nazionale". Ha aggiunto: "Il metodo comunitario è impegnativo, ma ha fatto le sue prove (…) Si vince insieme ma è anche insieme che perdiamo". Parlando direttamente alle capitali, ha precisato: "Se avete detto sì a Bruxelles, non dite no altrove". Ha poi assicurato di voler essere "il presidente del dialogo sociale", secondo i principi dell'economia sociale di mercato.

Consapevole delle critiche provenienti da molti deputati per il suo passato, Juncker ha spiegato: "Sono stato presidente dell'Eurogruppo e ne sono fiero. Ma nella crisi dell'euro, vale a dire nella crisi del debito, abbiamo dovuto riparare in volo un aereo in fiamme. Ce l'abbiamo fatta a salvare la zona euro, ma abbiamo fatto errori. D'altro canto, riparare un aereo in volo e in fiamme non è cosa facile (…) Dobbiamo quindi riflettere alla Troika (la collaborazione tra Commissione europea, Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea, ndr) e renderla più democratica".

Al di là dello slancio europeista del suo discorso, Juncker ha messo in luce alcuni aspetti più concreti del suo programma. Vuole: lanciare entro febbraio 2015 un piano di investimenti pubblici e privati di 300 miliardi di euro (non ha dato dettagli significativi); lottare contro il dumping sociale; rafforzare il mercato unico (soprattutto in campo digitale); rendere più trasparenti le trattative per un accordo di libero scambio tra Stati Uniti ed Unione Europea; adottare una politica comune dell'asilo; riflettere a una capacità finanziaria della zona euro.

Nel contempo, Juncker vuole anche: pensare a incentivi finanziari per chi adotta riforme particolarmente significative; dare alla zona euro una rappresentanza unica a livello internazionale; combattere l'evasione fiscale e la frode tributaria; introdurre un salario minimo in tutti i paesi dell'Unione (la Germania lo ha fatto di recente); usare la flessibilità concessa dal Patto di Stabilità ma senza violarne le regole; promuovere una reindustrializzazione del continente anche attraverso una attenzione particolare alle fonti di energia rinnovabili.

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