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Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2014 alle ore 11:31.
L'ultima modifica è del 26 luglio 2014 alle ore 18:47.
L'ad di Poste Francesco Caio si è sentito oggi con il Ceo di Etihad James Hogan. Secondo quanto riferito dall'Ansa, i due hanno parlato di possibili sinergie industriali nell'ottica del mercato. Sembrano smentite dunque le voci circolate oggi secondo le quali per superare il nodo Poste nell'operazione Alitalia-Etihad stava prendendo piedi l'ipotesi di andare avanti senza la partecipazione della società pubblica. Non a caso il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, lasciando l'assemblea nazionale di Ncd a Roma, ha dichiarato che «Poste continua a lavorare sull'accordo, il cda ha deliberato l'aumento di capitale e si va avanti». In precedenza Lupi aveva ribadito che «entro la prossima settimana tutte le questioni della trattativa Alitalia-Etihad si dovranno chiudere». E aveva aggiunto che per Alitalia «non c'è un piano B». Per cui se sfumasse la trattativa con Etihad, « ci saranno 15 mila lavoratori che andranno a casa».
Lupi: Poste continua a lavorare su accordo
«Poste continua a lavorare sull'accordo, il cda ha deliberato l'aumento di capitale e si va avanti», ha rifeito il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi lasciando l'assemblea di Ncd, ricordando che c'è sempre l'impegno di tutti «sia da parte dei nuovi soci che da parte dei sindacati sulla rappresentanza».
Lupi: solo un marziano capirebbe i sindacati
Per Lupi «le divisioni di alcuni sindacati» sulla trattativa Alitalia-Etihad «sono assolutamente incomprensibili», perché «sanno tutti che c'è o la prospettiva di crescita o il baratro». Ecco perché «il tempo è scaduto, e ognuno se ne assumerà le responsabilità». Il ministro si è detto convinto del fatto che «solo un marziano capirebbe le divisioni all'interno dei sindacati» sulla «rappresentanza» per l'accordo tra Alitalia ed Etihad. E ha spiegato: «Della rappresentanza di quale azienda parlano: la grande compagnia che sarà o quella che chiuderà?».
Il nodo ricapitalizzazione
Intanto, si avvicina pericolosamente il termine di fine luglio indicato da James Hogan, a.d. di Etihad, per stipulare l'accordo definitivo con Alitalia. Con la mediazione costante del governo, si cerca ancora una soluzione che possa tenere insieme le richieste avanzate da Caio, sostanzialmente quella di investire nella nuova e non nella vecchia Alitalia, con le esigenze manifestate da Etihad e dagli altri soci, in testa le banche. Ma i margini di manovra appaiono stretti. Per questo, tra le simulazioni elaborate dagli advisor, si è fatta strada anche l'ipotesi di un disimpegno di Poste, non aderendo quindi all'aumento di capitale fino a 250 milioni varato ieri dall'assemblea dei soci Alitalia (con un impegno a versare un massimo di 48,7 milioni) e diluendo così la propria quota. Per coprire la quale si sarebbe chiesto ai vecchi soci, grandi e piccoli, di versare più della loro quota.
Le altre ipotesi
Ma ci sono altre due strade percorribili, che rappresentano ancora soluzioni possibili su cui continua il lavoro dei tecnici: sono il sostanziale accoglimento della richiesta di Caio, e quindi un ingresso di Poste nella newco con Cai ed Etihad, o la costituzione di una newco «intermedia» fra Cai e Poste, destinata poi a confluire, come unico socio, nella newco «definitiva» con la compagnia araba. Il premier Matteo Renzi avrebbe assicurato una forte moral suasion su Poste. Perché la presenza della società di Caio resta un tassello importante del puzzle. Un passo indietro avrebbe infatti ripercussioni significative per tutti gli attuali soci di Cai, i grandi e soprattutto i più piccoli, che sarebbero chiamati a sostenere un ulteriore sforzo economico.
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