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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2014 alle ore 20:20.
L'ultima modifica è del 27 luglio 2014 alle ore 20:53.

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Volata vincente di Marcel Kittel, il tedescone volante, che con questo sprint fa il poker. Tutto come l'anno scorso, l'arrivo a Parigi, tranne per un particolare: che in maglia gialla c'è Vincenzo Nibali. Che piange, ride, si fa largo tra fotografi e giornalisti, bacia la piccola Emma, la moglie Rachele e i genitori, Giovanna e Salvatore, arrivati fin da Messina per abbracciare quello scatenato scugnizzo che da bambino non stava mai fermo. Correva come qui al Tour dove per fermarlo ci vuole la fine della corsa, un traguardo definitivo: altrimenti Vincenzo ricomincia a correre dalla prima tappa di Londra.

«Non ci capisco più niente, sono emozionato, ma anche frastornato. Troppe cose assieme. Una emozione così forte credo di non averla mai provata in tutta la mia vita... è irripetibile», dice Nibali al microfono durante la premiazione con l'Arco di Trionfo che si staglia sullo sfondo. «Questo successo l'ho costruito partendo da questo inverno. Un successo ottenuto grazie al lavoro di tutta la squadra, e grazie alla mia famiglia...». Mentre Vincenzo racconta la sua straordinaria impresa, torniamo per un attimo alla volata finale sui Campi Elisi. Marcel Kittel, battendo in rimonta il norvegese Kristoff, si ripete vincendo la tappa finale. C'era riuscito anche nel 2013. E come l'anno scorso Kittel comincia vincendo (a Londra) e finisce rivincendo a Parigi. In totale è il primo in 4 sprint.

È lui il re delle volate. Eccoci qua, allora, davanti all'arco di Trionfo, mentre risuona l'inno di Mameli. Per les italiens, in questa strana estate gonfia di pioggia e secca di risultati sportivi, la maglia gialla di Vincenzo Nibali è una rivincita assoluta. Un successo che allarga il cuore e ci inorgoglisce per qualcosa di bello e che capita raramente. Nibali è il settimo italiano che conquista il Tour, 16 anni dopo l'ultima vittoria di Marco Pantani. E quella prima era stata di Felice Gimondi nel 1965. Chi avrebbe scommesso un mese fa sulla vittoria di questo ragazzo di Messina che la grande maggioranza degli italiani neppure sapeva chi fosse?

Diciamo la verità: nessuno. Non poi in questo modo strepitoso. Cioè con quattro successi di tappa, e con circa otto minuti sul secondo e sul terzo ( i francesi Peraud e Pinot) e mantenendo la maglia gialla per 19 giorni. Sono cose cui non siamo più abituati. Tanto per dirne una, escludendo Armstrong per i noti motivi, era dal 1974 che la maglia gialla non c'entrava 4 successi di tappa. E quella maglia gialla era un certo Eddy Merckx, cioè un mostro che non a caso è stato soprannominato «Cannibale» che per assonanza rimanda proprio a Nibali, che a Parigi viene celebrato come dominatore assoluto della Grande Boucle.

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