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Questo articolo è stato pubblicato il 01 agosto 2014 alle ore 16:44.
L'ultima modifica è del 04 agosto 2014 alle ore 08:52.
«Cari membri del Congresso», inizia così la lettera con cui cento economisti di tutte le università del mondo - fra loro anche Nobel - chiedono al Congresso americano di mitigare le conseguenze della sentenza (caso Argentina vs NML Capital) sul debito argentino perché - spiegano - una decisione del genere potrebbe causare «un inutile danno economico al sistema finanziario mondiale».
Interessante notare come un folto gruppo di economisti chieda ai politici di trovare una soluzione legislativa alla sentenza di un giudice. Fra i diversi argomenti, c'è anche quello che privati e corporation sono protetti dalla legge sulla bancarotta, ma lo stesso meccanismo non esiste per i debiti sovrani.
La sentenza dell'ottantatreenne giudice Griesa della Corte del Southern District di New York chiede allo stato argentino di pagare gli hedge fund che hanno fatto causa, i creditori americani ribelli. Nella lettera gli economisti spiegano che la sentenza «e in particolare l'ingiuzione che attualmente blocca i pagamenti dell'Argentina al 93 per cento dei detentori di bond del Paese - potrebbe causare un danno inutile alla finanza mondiale, come anche agli interessi americani, all'Argentina e ai 15 anni di politiche americane di alleggerimento bipartisan del debito».
«È opinione largamente condivisa fra gli economisti che il tentativo di costringere l'Argentina al default che nessuno - né il debitore né il 90 per cento dei creditori - vuole, è sbagliato e dannoso» dice Mark Weisbrot, economista e codirettore del Center for Economic and Policy Research, che ha fatto circolare la lettera.
Secondo gli economisti (qui la lettera in cui si ripercorre il dramma argentino e il primo default del 2001, gli anni di negoziati che avevano portato a un accordo di ristrutturazione del debito fra il governo di Buenos Aires e il 93 per cento dei possessori di obbligazioni), la decisione di Griesa «potrebbe far saltare l'accordo esistente con i possessori di obbligazioni che hanno scelto di negoziare».
Si avverte anche che «la decisione della Corte potrebbe intralciare la possibilità di creditori e debitori di concludere una regolare ritrutturazione di cui una crisi del debito pubblico necessita. Tutto ciò - ricordano i professori - potrebbe avere un significativo impatto sui mercati internazionali, come ha ripetutamente detto anche il Fondo monetario internazionale».
La decisione della Corte, inoltre, «porta con sé un rischio morale (moral hazard): se agli investitori sarà permesso di ottenere il rimborso completo, non rileverà più quanto rischioso era l'investimento iniziale».
Non solo. «I ricorrenti - ricordano gli economisti - avevano acquistato bond argentini sul mercato secondario dopo il default» spesso per meno di venti cent. Avrebbero potuto accettare l'accordo e trarne gran profitto: ma hanno scelto di perseverare in una battaglia legale decennale perché non volevano «grandi» profitti, ne cercano di «esorbitanti» creando solo altra incertezza dal punto di vista finanziario. Hanno trovato un giudice che gli ha dato ragione e adesso l'Argentina si ritrova di nuovo nei guai.
Questa sentenza però - notano i cento -potrebbe danneggiare anche gli Stati Uniti come centro finanziario dell'economia mondiale, perché se è vero che si stanno decidendo i destini argentini con le regole finanziarie e le leggi di New York, altri governi stranieri ci penseranno bene prima di emettere debito in America: cercheranno altri Paesi come Belgio e Gran Bretagna, che hanno una legislazione diretta a prevenire questo tipo di iniziative dei creditori come gli hedge fund americani. (an. man.)
Ecco la lista dei firmatari
Robert Solow, Nobel laureate in Economics, 1987, MIT Professor of Economics, emeritus
Dani Rodrik, Albert O. Hirschman Professor in the school of Social Sciences at the Institute for Advanced Study in Princeton, New Jersey
Branko Milanovic, Luxembourg Income Study Center, the Graduate Center CUNY, former Lead Economist in the World Bank's research department
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