Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 04 agosto 2014 alle ore 17:07.
L'ultima modifica è del 04 agosto 2014 alle ore 19:23.

My24
(Ap/LaPresse)(Ap/LaPresse)

Questa è l'estate bollente della politica estera, da Gaza all'Ucraina. Ma le notizie che arrivano dal Medio Oriente e dalla Sponda Sud dovrebbero far balzare sulla poltrona i leader occidentali. È in corso una sorta di guerra mondiale tra gli arabi che sta stravolgendo i confini, sposta le popolazioni e cambia le frontiere ereditate un secolo fa e poi dal passato post coloniale. I protagonisti di questo mutamento, non si sa quanto effimero e comunque finora sottovalutato, non sono gli stati e gli eserciti di nazioni già da tempo fallite: la carta del Medio Oriente viene ridisegnata da milizie integraliste ispirate ad Al Qaeda, da bande di combattenti della Jihad islamica dove si mescolano origini e provenienze. Come se l'atlante del disordine mondiale di un ventennio di conflitti fosse stato passato al setaccio dal Nordafrica al Medio Oriente, dall'Afghanistan al Caucaso, lasciando depositare sulla mappa tutto quanto era possibili e trovare di più feroce e destabilizzante. Per questo le cosiddette guerre dimenticate non si fanno per nulla dimenticare e a distanza di tempo presentano un conto amaro e imprevedibile.

Ciò che resta dell'Iraq
Quanto ci siamo interessati davvero dell'Iraq dopo il ritiro degli americani? Forse Washington voleva cancellare anche il ricordo di un'impresa disastrosa: si voleva abbattere un dittatore, per altro ormai con le spalle al muro, e poi il Paese è scivolato nel caos diventando la calamita di ogni leader jihadista intenzionato a far carriera sollevando le popolazioni sunnite. Ma la lezione irachena a nulla è servita. Cosa sarebbe accaduto se l'estate scorsa gli americani, poi frenati da Putin, avessero bombardato Bashar Assad? La Siria probabilmente oggi sarebbe in buona parte in mano al Califfato. E questo con la spinta della Turchia, storico membro della Nato, che favorendo l'ingresso dei jihadisti dalle sue frontiere oggi si trova a confinare con Al Qaeda: ma chi ha mai protestato per gli aiuti agli islamisti di Ankara, del Qatar e delle fondazioni saudite? Troppo interessi economici occidentali sono in gioco, dal petrolio alle vendite di armi, ma gli apprendisti stregoni di queste potenze emergenti finiscono con il nostro silenzio-assenso per combinare guai che si aggiungono a quelli già creati da noi.

L'Isis e l'area curda
Il Califfato di Abu Bakr al Baghdadi sta dilagando anche nell'area curda dell'Iraq e si prepara, impossessandosi delle dighe e del bacino mesopotamico, ad assetare un'intera nazione. Dal dipartimento di Stato fanno sapere che "stanno monitorando attentamente la situazione" Dobbiamo stare tranquilli allora? Il movimento dell'Isil, lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante, ha piantato la sua bandiera su tre quarti della Siria orientale, combatte alla periferia di Damasco, si manifesta in Libano e nei territori palestinesi, ha cacciato i cristiani iracheni di Mosul dove stavano da duemila anni, perseguitando tutte le minoranze che incontra, dai musulmani sciiti agli yezidi. E' in atto una pulizia religiosa che sta provocando decine di migliaia di profughi che si aggiungono ad altre migliaia dalla Siria.

Il califfato libico
In Libia Ansar al Sharia ha proclamato l'emirato di Bengasi e l'unica reazione degna di nota è stata quella dell'Egitto, sostenitore del generale libico Khalifa Heftar, che minaccia di intervenire per "autodifesa". Ma dove sono intellettuali e politologi che tre anni fa sbarcavano nella capitale della Cirenaica, per la verità in maniera più virtuale che reale, a sostenere la rivoluzione anti-Gheddafi? Cosa hanno da dire adesso? L'avanzata di Emiri e Califfi è accompagnata dall'imposizione di leggi draconiane contro le donne, dalla pratica dell'infibulazione, dall'intolleranza verso chiunque non è d'accordo con la loro assai discutibile versione della legge coranica. Gli effetti di questo oscurantismo radicale si propagano velocemente anche oltre i labili confini dei nuovi califfati: un braccio destro di Erdogan, prossimo presidente turco, ha dichiarato che non vuole vedere le donne ridere e preferirebbe che tenessero lo sguardo basso. Non si tratta di propugnare altre improbabili guerre di civiltà ma di difendere i diritti collettivi e individuali garantiti non dall'illuminismo occidentale ma dalla stessa Carta delle Nazioni Unite. Per questo il conflitto in corso è mondiale: interessa tutti noi molto più da vicino di quanto si creda.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi