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Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2014 alle ore 21:42.
L'ultima modifica è del 09 agosto 2014 alle ore 09:49.

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NEW YORK - È l'insurrezione degli scrittori contro Amazon. Meno famosi ma anche famosi, penne quali John Grisham e Stephen King. Quasi in mille, in tutto, hanno sottoscritto una lettera-appello che domenica prossima finirà sulle pagine del New York Times - anzi occuperà un'intera pagina. Una missiva di denuncia contro il re del commercio elettronico che domina la vendita di libri e, accusano, abusa del suo dominio.
La protesta è scattata contro i metodi di Amazon, che viene invitata a desistere e a non danneggiare gli autori. La società di Jeff Bezos, da tre mesi impegnata in una battaglia di business con la casa editrice Hachette, è infatti ricorsa a rappresaglie che hanno messo in mezzo - vittime innocenti - proprio gli autori.

Ecco un breve racconto della disputa ora degenerata: Amazon, nella sua eterna campagna di espansione, ha chiesto condizioni di prezzo più favorevoli per l'uscita dei volumi di Hachette sotto forma di e-book. Al rifiuto, Bezos ha fatto scattare la sua rappresaglia: ha nei fatti ostacolato la vendita di libri di autori pubblicati da Hachette attraverso il suo sito. Ha cessato ad esempio di accettare pre-ordini di volumi. E poi ha ridotto le scorte di magazzini dei libri di questi autori.

Amazon, oltretutto, ha qualche grattacapo di business di questi tempi. Nel mercato dei libri è oggi sfidata da un'alleanza di Google e Barnes & Noble, che ha cominciato a distribuire libri a Manhattan, Los Angeles e San Francisco con un servizio di consegna in giornata che fa direttamente concorrenza, sul suo tradizionale terreno, alla società di e-commerce. E la Borsa ha mostrato qualche impazienza davanti alle ambizioni imperiali di Bezos, che continua a sacrificare la redditività alla crescita e potrebbe perdere 800 milioni nel trimestre in corso.

«In quanto scrittori - molti dei quali non pubblicati da Hachette - crediamo fortemente che nessun rivenditore dovrebbe bloccare la vendita di libri o prevenire o scoraggiare i consumatori dall'ordinare o ricevere i libri che desiderano», si legge nella lettera. Che continua così: «Non è giusto da parte di Amazon punire un gruppo di autori, che non sono coinvolti nella disputa, per ritorsioni mirate».

La missiva è frutto della penna del 58enne Douglas Preston, scrittore di successo di romanzi gialli, che ha visto le vendite dei suoi libri cadere vittima delle ritorsioni (su Amazon, dove vende metà delle copie, i suoi libri sono in calo di oltre il 60%). Ha scritto inizialmente una lettera aperta ai propri lettori invitandoli a contattare Bezos per dirgli di smetterla di usare gli autori come ostaggi nei negoziati. Il testo è andato "viral" tra i ranghi degli scrittori, raccogliendo 909 adesioni.

Amazon ha reagito rabbiosamente, alzando ancora il tiro: ha inveito contro Preston, definendolo "arrogante" e "opportunista" e spezzando così il tabù del suo silenzio stampa. Ha lanciato una petizione concorrente a sostegno dei meriti della società su Change.org, dove però compaiono petulanti e generiche lamentele contro l'universo editoriale. Non ha però dissuaso i ribelli, che oggi comprendono anche Robert A. Caro, Junot Díaz, Malcolm Gladwell, Lemony Snicket (nome d'arte di Daniel Handler), Michael Chabon, Michael Lewis, Jon Krakauer, Scott Turow, George Saunders, Sebastian Junger, Philip Pullman e Nora Roberts. I più noti fra loro hanno versato i 104mila dollari necessari a comprare una pagina del Times e a pubblicare - con tanti saluti a Amazon - la lettera d'accusa.

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