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Questo articolo è stato pubblicato il 16 agosto 2014 alle ore 19:00.
L'ultima modifica è del 17 agosto 2014 alle ore 19:14.
Gli aerei americani hanno condotto «con successo» nuovi raid (14, ha precisato il Pentagono) con caccia e droni contro obiettivi dello Stato Islamico (Isis) vicino a «Erbil e alla diga di Mosul», strategica in quanto principale fonte d'acqua del Paese, dove da giorni si combatte. Nei raid sono stati «distrutti o danneggiati quattro mezzi di trasporto truppe corazzati, sette veicoli armati, due Humvee e un veicolo corazzato».
Grazie ai raid i peshmerga curdi hanno riconquistato la diga, la più grande in Iraq, strappandola ai jihadisti. La diga, a nord di Mosul, fornisce l'acqua e l'elettricità alla maggior parte della regione nel nord dell'Iraq, indispensabile per l'irrigazione dei campi nella provincia di Ninive. Attorno allimpianto, conquistato dall'Isis dieci giorni fa, si è sviluppata una battaglia tra islamisti e peshmerga.
Secondo l'ex ministro degli Esteri iracheno, il curdo Hoyshar Zebari, i peshmerga incontrano «una fiera resistenza con bombe sul ciglio della strada e attentatori suicidi», ma sono in grado di avanzare. Il prossimo obiettivo, ha aggiunto, è ripulire la piana di Ninive «per permettere il ritorno delle minoranze». Una cinquantina di miliziani dell'Isis sono rimasti feriti nell'ultimo dei raid Usa.
Cameron: l'azione umanitaria non basta
Con un intervento sul Sunday Telegraph, il primo ministro britannico David Cameron rafforza il suo messaggio e sottolinea che contro la minaccia dell'Isis l'azione umanitaria da sola non è sufficiente. Cameron spiega quindi che «la creazione di un califfato islamico estremista nel cuore dell'Iraq e che si estende verso la Siria non è un problema lontano da casa», ma una minaccia che potrebbe giungere fin nelle strade della Gran Bretagna. Per questo, dopo il primo passo, quello dell'emergenza umanitaria, il premier britannico ritiene che sia adesso la volta di una risposta più vasta dal punto di vista politico, diplomatico, della sicurezza.
Un intervento, che per la prima volta fa leggere fra le righe la propensione di Londra verso un coinvolgimento maggiore in Iraq rispetto a quanto messo in campo fino ad ora. Il premier sceglie di farlo intervenendo direttamente con un articolo su un domenicale, con un messaggio che sembra diretto a quell'opinione pubblica che si mostra ancora traumatizzata dall'intervento in Iraq del 2003.
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