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Questo articolo è stato pubblicato il 22 agosto 2014 alle ore 20:35.
L'ultima modifica è del 23 agosto 2014 alle ore 17:36.

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Più riforme per aumentare la capacità produttiva
Anche così, restano necessarie le riforme strutturali. La disoccupazione strutturale – quella che, semplificando, non è destinata a scomparire facilmente con la ripresa – era già vicina al 9% prima della crisi e per abbassare questa soglia, che nel frattempo è aumentata, non basta sostenere la domanda ma occorre aumentare la capacità produttiva, lasciare che nascano nuove imprese. Molto, secondo Draghi, ruota attorno ai salari che «devono meglio riflettere le condizioni locali del mercato del lavoro e della produttività» e devono «permettere una maggiore differenziazione tra lavoratori e settori».

Ridurre le rigidità su salari (e prodotti)
Occorre poi ridurre le rigidità che impediscono gli "aggiustamenti". In Irlanda, ha mostrato Draghi, i salari sono calati e la disoccupazione strutturale è scesa; in Spagna, al contrario, i salari hanno continuato a crescere per accordi sindacali e indicizzazioni e la disoccupazione strutturale è salita. Allo stesso tempo occorrono riforme dei mercati dei prodotti che permettano alle risorse – non solo il lavoro – di spostarsi rapidamente da un settore all'altro.

Più competenze e concorrenza sulla qualità
Per contrastare disoccupazione di lungo periodo e giovanile, Draghi auspica una politica che ridia competenze ai lavoratori senza lavoro, in modo da aumentare anche la loro produttività. Troppe persone stanno diventando "inoccupabili" perché prive delle conoscenze e delle capacità pratiche necessarie: i senza lavoro si concentrano soprattutto tra coloro che hanno un'istruzione minore, mentre la seconda ondata di disoccupazione è stata accompagnata – tranne che in Germania – anche da un aumento relativo dei posti vacanti, per i quali non si trovavano i lavoratori giusti. È un nuovo modello di sviluppo che Draghi auspica: «assicurarci che, per quanto possibile – ha aggiunto – l'occupazione sia concentrata su settori ad alto valore aggiunto e altra produttività, che a sua volta è legato alle competenze». In questo modo, l'Europa potrà competere sui mercati internazionali in base alla qualità, al valore aggiunto. Come fa già oggi la Germania.

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