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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2014 alle ore 09:45.
L'ultima modifica è del 23 agosto 2014 alle ore 10:01.

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Sollecitato a più voci in Europa a fare la sua parte per la ripresa economica, Mario Draghi ha mandato ieri un segnale chiaro ai Governi che la politica monetaria giocherà un ruolo centrale, ma ha rilanciato sulle politiche di bilancio e le riforme strutturali.
Quanto a queste ultime, le parole di Draghi a Jackson Hole non stupiscono: «Non c'è ammontare sufficiente di stimolo monetario o fiscale che possa sostituirsi alle riforme strutturali necessarie». Del resto a questo punto il presidente della Bce aveva dedicato molti dei suoi interventi più recenti. Le riforme strutturali possono essere la merce di scambio che i Governi dovranno spendere per ottenere una Bce che si spinga più in là di quanto già promesso.

È però sulla politica fiscale che, senza abbandonare la difesa delle regole europee di bilancio, Draghi ha assunto un tono diverso e più accomodante, tenendo probabilmente conto del marcato deterioramento della situazione dell'Eurozona negli ultimi mesi che mette in dubbio, per ammissione anche della Bundesbank, la capacità di recupero nella seconda metà dell'anno. C'è spazio, ha detto, perché la politica fiscale possa affiancare la politica monetaria nel rilancio dell'occupazione. Tre i punti più significativi del suo discorso, oltre al ribadito suggerimento di aggiustare i conti con tagli alla spesa pubblica improduttiva accompagnati da riduzioni d'imposte.

Il primo è la sottolineatura dei margini di flessibilità nel Patto di stabilità, che possono essere fatti scattare proprio dall'adozione delle riforme. Il secondo è il riconoscimento che diversi Paesi sono in situazioni diverse riguardo ai conti pubblici e quindi alcuni bilanci pubblici hanno spazio per incoraggiare la crescita. Il terzo è l'appoggio netto al piano Juncker per investimenti pubblici su scala europea. La frase chiave del discorso è che il rischio di fare troppo poco nella lotta alla disoccupazione è più alto del rischio di fare troppo. Pressioni di salari e prezzi non ce ne sono. Anzi, quasi tutti i dati che arrivano dall'economia europea segnalano un indebolimento della crescita e un'ulteriore flessione dell'inflazione. Le previsioni della Bce di settembre ne terranno conto ma si tratterà di limature, non tali da giustificare nuovi interventi oltre a quelli anunciati.
Draghi ha ripetuto che la Bce è pronta a fare un altro (riluttante) passo avanti. Ma ha ricordato ai Governi che non può

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