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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2014 alle ore 09:33.
L'ultima modifica è del 06 settembre 2014 alle ore 09:59.

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Dopo le cinque del pomeriggio, ora di Kiev, ieri a Mariupol non si sono più sentiti spari. All'accordo raggiunto a Minsk da ucraini e separatisti era seguito l'ordine di cessare il fuoco da parte del presidente ucraino, Petro Poroshenko, e poi quello dei leader delle milizie. Il segnale che si attendeva a Newport, alla riunione del vertice Nato, e a Bruxelles, dove gli ambasciatori dei Paesi Ue a tarda sera hanno finalizzato un nuovo pacchetto di sanzioni che, come ha osservato dal Galles il cancelliere tedesco Angela Merkel, «potrebbero comunque entrare in vigore, e poi essere sospese se davvero questo processo (di pace, ndr) avrà luogo». L'eventuale stop alle sanzioni verso la Russia dipenderà dalla «implementazione giorno dopo giorno» dell'accordo per il cessate il fuoco in Ucraina. Lo ha detto il presidente italiano del Consiglio, Matteo Renzi, nella conferenza stampa al termine del vertice Nato di Newport, in Galles.

«Il mondo intero anela alla pace, e così l'Ucraina e i milioni di abitanti del Donbass», ha detto Poroshenko. Ma il cammino da questa prima tregua a una vera risoluzione del conflitto è lastricato di insidie e di dubbi, le ragioni per essere prudenti e scettici non mancano. Anche dopo la proclamazione del cessate-il-fuoco, del resto, a Donetsk sono stati avvertiti spari ed esplosioni.
«Ovviamente ci speriamo - è stato il commento di Barack Obama dal vertice Nato -. Ma, guardando all'esperienza passata, siamo scettici sul fatto che i separatisti rispettino gli impegni e che i russi smettano di violare la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina». E se l'accordo tratteggiato da Poroshenko avrà bisogno di tempo per dare risultati, nel frattempo gli Stati Uniti sono determinati a tenere alta la pressione, anche con nuove sanzioni.

A Minsk, il "protocollo preliminare" porta la firma dei leader delle autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Luhansk, Aleksandr Zakharcenko e Igor Plotnitskij, e la benedizione dell'ex presidente ucraino Leonid Kuchma e dell'ambasciatore russo a Kiev, Mikhail Zurabov, oltre che di Heidi Tagliavini che rappresenta l'Osce, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa che monitorerà l'attuazione degli accordi. Ma a Newport, Poroshenko è stato molto attento a legare la paternità degli accordi - e quindi la responsabilità del loro successo - a Vladimir Putin: il negoziato riflette i sette punti annunciati dal presidente russo nei giorni scorsi in Mongolia. «Questo cessate-il-fuoco - ha ricordato Poroshenko ai giornalisti - si basa sull'accordo raggiunto durante la mia telefonata con Putin, e questo è molto importante per la stabilità, perché ora è nostra comune responsabilità la sua durata».

E l'accordo di Minsk è composto da 12 punti su cui i negoziatori hanno continuato a trattare a porte chiuse, lasciando trapelare pochi dettagli. Heidi Tagliavini ha parlato di un'intesa sul ritiro delle truppe, lo scambio dei prigionieri (più di mille per parte) e l'invio di aiuti umanitari. Lasciando intuire quanto sarà difficile passare dalla tregua a una risoluzione politica permanente, creando terreno comune sul futuro status delle regioni contese, Plotnitskij ha detto che «il cessate-il-fuoco non implica una rinuncia alla separazione dall'Ucraina». Là dove Poroshenko ha parlato di decentramento e autonomia economica, così come di diritto a usare la lingua russa. È probabile che anche Putin preferisca l'opzione dell'autonomia, purché su Donetsk e Luhansk Mosca possa esercitare la propria influenza.

A Bruxelles, intanto, ieri sera gli ambasciatori dei Ventotto hanno terminato di mettere a punto un nuovo pacchetto di sanzioni economiche contro la Russia che prevedono tra le altre cose il divieto per le imprese pubbliche russe di finanziarsi in Europa. Quattro i settori colpiti, con un giro di vite rispetto alle misure di fine luglio: finanza, energia, armamenti e tecnologie duali, a doppio uso civile e militare (si veda Il Sole/24 Ore del 3 settembre). Sanzioni sono state imposte anche ad altre 24 persone responsabili della crisi ucraina, portando il totale a 119. Per ora, nessun membro del governo russo sarebbe stato colpito dal divieto di viaggio in Europa.

Il negoziato diplomatico è stato complicato, profondamente influenzato dalle notizie provenienti dall'Ucraina; dalle critiche di alcuni Paesi dell'Est a sanzioni troppo dure e invasive anche per le loro economie nazionali; dall'esigenza di adottare un pacchetto politicamente ed economicamente equilibrato. I Ventotto approveranno formalmente solo lunedì per procedura scritta il pacchetto di sanzioni, dopo averne finalizzato tutti i dettagli tecnici e legali tra oggi e domani.
Alcuni diplomatici ieri sera qui a Bruxelles insistevano sul fatto che le nuove sanzioni saranno approvate automaticamente dopodomani. Altri facevano notare che il trascorrere del fine settimana permetterà ai Ventotto di toccare con mano la serietà del cessate-il-fuoco in Ucraina, e nel caso correggere il tiro, almeno in termini di comunicazione. In questa fase, l'Unione europea intende comunque mantenere il governo russo sotto pressione. Come ha detto la signora Merkel, le sanzioni - una volta entrate in vigore - possono essere sospese.

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