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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2014 alle ore 08:26.
L'ultima modifica è del 07 settembre 2014 alle ore 18:20.
Almeno una persona - una donna, secondo le autorità locali - è morta a seguito di una serie di spari a Mariupol, nel'Ucraina orientale. E' la prima vittima accertata da quando è scattata la tregua tra Kiev e i separatisti pro-russi, venerdì. «Una donna è stata uccisa e tre persone sono state ferite a Mariupol», ha confermato in un comunicato il sindaco della cittadina ucraina, nel sud-est del paese, che è anche un porto strategico, aggiungendo che i ribelli filo-russi hanno sparato contro un posto di blocco nella periferia orientale della città e distrutto un distributore di benzina.
Il cessate il fuoco appare insomma in bilico in Ucraina orientale e il braccio di ferro fra Mosca e occidente è tutt'altro che archiviato. Sono giorni cruciali nella delicatissima crisi sul fronte est: una partita che nelle ultime ore si gioca sempre di più su due tavoli, quello militare e quello diplomatico.
L'Ue è pronta a fare marcia indietro sulle nuove sanzioni contro la Russia se il cessate il fuoco nell'est dell'Ucraina dovesse tenere e nel caso inizino i negoziati di pace: lo ha affermato oggi il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. «Abbiamo notato che la Russia acconsente difficilmente a negoziati seri - ha detto Van Rompuy - il cessate il fuoco è un passo importante, ma solo un passo e per accrescere la pressione su Mosca abbiamo deciso delle sanzioni. Ma siamo pronti a fare marcia indietro se tiene la tregua».
Sul campo di battaglia la tregua scattata appena l'altro ieri alle 18 locali, e sancita dall'accordo di Minsk tra Kiev e i ribelli filo-russi, ha retto per alcune ore. I presidenti ucraino Petro Poroshenko e russo Vladimir Putin hanno avuto un nuovo colloquio telefonico in cui si sono detti soddisfatti di come le parti in conflitto rispettino "globalmente" l'intesa. In effetti solo si tratta di un primo passo dopo un conflitto di 5 mesi che ha provocato 2600 morti e oltre un milione di profughi.
E in serata, dopo qualche accusa reciproca di violazioni episodiche, notizie dalla città portuale di Mariupol sono giunte a mettere tutto in discussione: con l'indicazione di forti esplosioni, di un una colonna di fumo e fuoco in prossimità di un posto di controllo tenuto dalle forze di Kiev e l'improvvisa fuga notturna di numerose automobili.
Parallelamente resta altissima la tensione diplomatica lungo la linea Bruxelles-Mosca, con il Cremlino che esplicitamente minaccia di reagire nel caso in cui l'Unione Europea dovesse confermare il nuovo pacchetto di sanzioni, del resto già decise e la cui formalizzazione è attesa lunedì. «Se la nuova lista di sanzioni della Ue entra in vigore - avverte il ministero degli esteri russo - ci sarà sicuramente una reazione da parte nostra».
Così, in questa lotta di nervi, gli occhi restano puntati sul fronte, la martoriata zona dell'est russofono ucraino. Nel timore che, da Mariupol, l'incendio possa riprendere rapidamente su più vasta scala. E' chiaro a tutti che solo se la calma dovesse mai consolidarsi, se si registrasse una seppure precaria stabilizzazione, nelle prossime ore potrebbe alzare la voce in occidente chi, sottotraccia, si è opposto a misure economiche che comportano certamente gravi danni all'economia russa, ma anche ingenti costi ai Paesi esportatori.
Il tema è delicato: non è un caso che il nuovo giro di vite messo a punto ieri sera dall'organismo che riunisce gli ambasciatori dei 28 paesi dell'Ue, il Coreper, sia frutto di una maratona negoziale di 48 ore durante la quale ci si è confrontati con le posizioni varate dalla Commissione, vagliando anche le virgole - raccontano fonti diplomatiche - nel tentativo di limitare i danni per le proprie economie.
È noto in effetti che le ripercussioni delle misure restrittive già varate si stanno facendo sentire, gravemente appesantite anche dalle contromisure di Mosca su varie categorie di prodotti agroalimentari: a partire da un embargo per un valore stimato di oltre cinque miliardi di euro, di cui 200 milioni per l'Italia. Da qui le espressioni di scetticismo giunte dai paesi come Repubblica Ceca o Slovacchia. Attendendo di capire se la tregua verrà rispettata, nel mirino delle nuove sanzioni compaiono gli stessi settori già toccati il 31 luglio: il mercato dei capitali, la difesa, i beni a doppio uso civile e militare, le tecnologie sensibili. C'è inoltre una nuova lista di persone, alle quali saranno congelati beni e bloccati visti: inclusi la nuova leadership di Donbass, il governo della Crimea e personalità russe.
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