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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2014 alle ore 08:46.
L'ultima modifica è del 10 settembre 2014 alle ore 15:40.

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(Afp)(Afp)

Job killer o fucina di impieghi? Uber, la app da più di 18 miliardi di dollari che ha fatto insorgere i tassisti italiani ed europei, starebbe creando «50mila posizioni di lavoro» al mese su scala globale. E' quanto ha dichiarato il fondatore e attuale amministratore delegato della start up Travis Kalanick, in un'intervista rilasciata sul palco del Techcrunch Disrupt di San Francisco (California).

La cifra, poi ribadita ai media americani da rappresentanti della società, equivarrebbe a oltre il doppio dei 20mila stimati da Kalanick nello scorso maggio e a più di un terzo delle 142mila posizioni in più registrate ad agosto dal Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti nell'intero mercato occupazionale americano. Ma la domanda che ha subito fatto eco alla rivendicazione del Ceo, che si dichiara "in guerra" con i rivali della app, è rimasta in sospeso: da dove arriva la cifra?

L'espansione in Cina
L'obiezione avanzata da alcuni è che i conducenti in forza alla app di trasporti privati non sono necessariamente "nuovi lavoratori" ma, semmai, nuovi conducenti in prestito o trasferimento definitivo da altri sistemi. Altri hanno ipotizzato che Kalanick, parlando dei "suoi" 50mila lavoratori in più al mese, guardasse soprattutto ai mercati in crescita al di là dell'Oceano e dell'Europa: Uber ha lanciato una campagna di espansione in Cina, nel tentativo di cavalcare la "carenza di taxi" che si fa sentire in megalopoli come Shanghai e Pechino. Proprio nella capitale della Repubblica Popolare viaggiano oggi non più di 70mila auto di servizio: più di cinque volte tanto rispetto alle 13mila licenze di tassisti registrate a New York, ma troppo poco per un gigante da 20 milioni di abitanti che non sembra aver beneficiato granché delle 6mila vetture aggiunte dal governo in un periodo - dal 1994 al 2011 - che ha visto la popolazione dell'area urbana salire di circa 9 milioni di abitanti. Un'occasione ghiotta per Uber, che pure si scontra con app asiatiche più collaudate e famigliari alla clientela come Yaoyao Dache e DiDi Dache, il servizio di prenotazione cinese per device che attiva più di 5 milioni di corse al giorno.

Le polemiche con la concorrenza
A proposito di scontri: la dichiarazione di Kalanick è stata letta come uno sprint di ottimismo su un'immagine acciaccata dalle ultime polemiche. Fuori e dentro gli Stati Uniti. Fresca di estromissione della Germania, Uber ha ammesso di aver sabotato la rivale Gett, cancellando 100 corse a sue prenotazione nel giro di tre giorni. E ora si rimbalza con un'altra concorrente diretta, Lyft, l'accusa di un boicottaggio metodico dei rispettivi servizi: Lyft sostiene che Uber avrebbe ordinato e cancellato più di 5mila corse da ottobre 2013 ad oggi, Uber ribatte che i dipendenti di Lyft avrebbero effettuato più di 13mila false telefonate agli autisti in forza al servizio di Kalanick.

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