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Questo articolo è stato pubblicato il 09 settembre 2014 alle ore 13:41.
L'ultima modifica è del 09 settembre 2014 alle ore 14:33.

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Se il governo a luglio avesse fatto sponda all'intermediazione della Croce rossa, Massimiliano Latorre, uno dei due marò italiani sotto processo in India perché accusati di aver ucciso due pescatori al largo del Kerala nel 2012, sarebbe da tempo a casa per "motivi umanitari". A dirlo è Giulio Terzi di Sant'Agata, ambasciatore ed ex ministro degli Esteri del governo Monti, che mette in guardia anche dall'applaudire l'annuncio che l'India non si opporrà al rientro in Italia del marò per motivi di salute, se autorizzato dalla Corte Suprema, dopo il recente ictus. È, spiega, «un duro colpo per la strategia del governo Renzi», che sarà costretto «a riconoscere la giurisdizione indiana dopo aver sempre sostenuto l'illegittimità» di un un processo in loco.

Posizione indiana «uccide» la strategia diplomatica di Renzi
Dopo essere uscito polemicamente dal governo della "strana maggioranza" guidato da Monti in dissenso con la decisione di far rientrare la prima volta i due fucilieri di Marina in India dopo una licenza in Italia, Terzi continua a seguire con occhio critico la vicenda. Nel mirino di Terzi, a poche ore dall'ultimo sviluppo del "caso marò", è il racconto della posizione indiana «assolutamente parziale» da parte dell'informazione italiana. Il ministro degli esteri indiano, sottolinea, «ha detto testualmente che con l'Italia non è in corso alcun dialogo, e che il processo ai militari deve continuare». Una posizione, per Terzi, «che uccide in maniera clamorosa sei mesi di altalena di Renzi». Che «ha sempre parlato di un cambio di passo nei rapporti con l'India», convinto di «riportare in Italia i due marò senza passare da un processo» "indiano", considerato «illegittimo e inaccettabile». Ma le cose, per l'ex ministro degli Esteri, non sono così semplici, perché «tra le garanzie che ora verranno chieste all'Italia per il rientro di Latorre ci sarà una forma di riconoscimento della giurisdizione indiana, e questo sarebbe davvero la chiusura finale atroce quanto la folle decisione di rimandare in India i due marò nel marzo 2013».

Le colpe dell'Italia per la mancata intermediazione della Croce rossa
Al termine di una lezione al Master in comunicazione, pubblic affairs e relazioni internazionali della Business School Sole 24 Ore di Roma, l'ex ministro Terzi sottolinea i limiti della strategia italiana, «che insiste a non voler puntare sulla internazionalizzazione della vicenda». Sono convinto, spiega riferendosi a una lettera di luglio del presidente della Cri internazionale di Ginevra, Peter Maurer, al governo Italiano in cui si offriva come intermediario «che Latorre sarebbe già in Italia da parecchi giorni se fosse stata coinvolta la Croce rossa internazionale. Il fatto non è filtrato, ma soprattutto la lettera non ha mai avuto risposta dal Governo italiano. Se ci fosse stata in corso un'azione della Cri, il rientro di Latorre sarebbe avvenuto immediatamente, su questo non ho dubbi».

Linea diplomatica Ue sconfessata da primo rientro dei marò
A margine della lezione agli studenti del Master, Terzi boccia anche l'idea che aver insistito nel far rientrare i nostri militari nel paese indiano dopo la prima licenza abbia contribuito a rinsaldare i rapporti economici con l'India e la nostra credibilità: «Credo che il clima dei rapporti dopo il ritorno dei marò sia molto peggiorato. Abbiamo sbagliato bersaglio, ci siamo sparati sui piedi. Dopo il ritorno dei marò le nostre imprese si sono trovate in difficoltà». Non solo, aggiunge rivelando un aspetto inedito: la scelta italiana, contrastata da Terzi, «ha attirato le forti critiche degli ambasciatori europei, che in una riunione a New Dehli all'epoca dei fatti lamentarono la caduta di credibilità dell'intera Unione europea» e della sua linea diplomatica. Che, conclude Terzi, aveva deciso di puntare su un arbitrato e sul ricorso alla Corte di giustizia internazionale», dopo le violazioni indiana alle norme sull'immunità del nostro ambasciatore, i cui movimenti furono limitati in modo arbitrario.

Mogherini Mrs Pesc vantaggio per l'Italia solo se punterà su temi minori
Da pochi giorni, l'Italia può contare sulla nomina a Mrs Pesc della ministra degli Esteri Federica Mogherini, ma per l'ex ministro Terzi questo potrà rappresentare un vantaggio sul fronte indiano solo se nel suo nuovo incarico di alto commissario alla politica estera Ue punterà sulla valorizzazione dei temi diplomatici «residuali». Sul punto, spiega Terzi, «condivido la linea dell'Economist, che ha fatto rilevare come non ci sia spazio per un ruolo dell'Alto commissario sui grandi temi politici, il discorso con la Russia è infatti affidato alla Germania, che fa la politica estera e quella economica. L'alto rappresentante non potrà discostarsi». Lasciate ai paesi guida le scelte "pesanti", Mogherini dovrà «puntare sui temi minori di politica estera sui quali può accrescere il suo ruolo, residuale per l'Europa ma non per i singoli paesi».

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