Tra l'amata bandiera a colori dell'Union Jack che quasi tutti dopo il viaggio a Londra si riportano a casa sotto forma di tazza e l'austera e suggestiva bandiera scozzese bianca e azzurra, ha vinto il grigio. Il grigio dei leader politici che guidavano il No alla secessione, hanno resistito al vitalismo dell'indipendentista primo ministro Alex Salmond e alla fine l'hanno spuntata. Ha vinto la sterlina ma anche la seconda fila, quel modo di fare politica oscurato nella lunga stagione della Cool Britannia del mediatico Tony Blair che sfruttò la scia delle politiche economiche della non meno mediatica Lady Thatcher.
Alla fine ha vinto il compassato laburista Alistair Darling, il portavoce del comitato per il No «Better Together» e l'ex compagno d'avventura di Blair, Gordon Brown, il serio uomo dei conti che ha aspettato il suo turno in un patto segreto con Blair e poi ha perso davanti all'avanzata della tuttora misteriosa Big Society dell'aristocratico conservatore David Cameron e all'affermarsi dei giovani nel suo partito, i fratelli Miliband oggi leader del Labour. Che ha dovuto finanche leggere mirabilie di Nick Clegg, leader dei liberaldemocratici, l'uomo che doveva scompaginare l'invidiatissimo bipartitismo britannico e ora primeggia su Twitter come protagonista dell'account finto della Regina Elisabetta - il tweet più benevolo è «dov'è finito Clegg oggi?»
Hanno vinto due ex Cancellieri dello scacchiere cioè due ex ministri dell'Economia del Regno. Gordon Brown era il Cancelliere di Blair, poi è diventato premier accanto Darling suo ministro dell'Economia. I due sono stati spazzati via dalle elezioni politiche del maggio 2010 che ha dato al Paese un Parlamento impiccato (Hung Parliament): i conservatori non ottennero infatti la maggioranza e l'attuale premier Cameron fu costretto a un governo di coalizione con il lib-dem Clegg, oggi vicepremier in virtù del risultato di quattro anni fa.
Se il Regno è ancora Unito e la Scozia ne fa parte, è merito anche di questi due grigi laburisti sessantenni. Si è scritto che quelli che dicevano No non avevano passione, idee, ottimismo né fiducia nel futuro e certo non è che ora sapranno dire frasi memorabili da citare in un tweet. Non è la loro tazza di tè. Un esempio: in queste ore, a referendum vinto, Alistair Darling dichiara: «La gente di Scozia ha scelto l'unità sulla divisione». Durante la campagna Brown era uno dei pochi politici temuti dagli indipendentisti: «che David Cameron, Ed Milband e Nick Clegg vengano in Scozia ci sta benissimo. Sono talmente impopolari che la cosa non può che rafforzare il sì. L'arrivo di Gordon Brown invece ci disturba di più. La gente lo rispetta da queste parti» aveva detto Gary Cocker, membro dello Scottish National Party.
Se ora Darling cercherà di capitalizzare il risultato a Edimburgo, Brown pare guiderà la commissione della devolution che in queste ore Cameron promette a tutti con scomposto entusiasmo da scampato pericolo.«Vanno ascoltate anche le voci di Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord» dice.
Stamattina Cameron preannuncia la creazione di una commissione ad hoc che secondo alcune indiscrezioni potrebbe essere guidata dall'ex premier laburista Gordon Brown e si augura che una nuova bozza legislativa per la devolution sia pronta «a gennaio». Questa indiscrezione è supportata da un fatto: durante l'estenuante campagna referendaria Cameron è stato completamente assente e ha lasciato l'ex premier Brown a guidare la battaglia del No. Mentre il governo scozzese guidato da premier indipendentista Salmond, il volto della secessione oggi perdente, ha scelto lord Smith of Kelvin per sovrintendere il processo di devolution.
Cosa prevede il progetto di devolution a cui tanti altri potrebbero guardare, dal Belgio alla Spagna alla Corsica? Cameron oggi proclama «così come la Scozia voterà separatamente nel Parlamento scozzese sulle proprie questioni in materia fiscale, spesa pubblica e welfare, così anche l'Inghilterra, come il Galles e l'Irlanda del Nord dovrebbero essere in grado di votare su questi temi e tutto ciò deve avvenire in concomitanza con l'accordo per la Scozia» dice Cameron, che si è augurato una convergenza degli altri partiti sul progetto di devolution.
Convergenza tutt'altro che scontata. I tre maggiori partiti politici - conservotari, laburisti e liberaldemocratici - non sono affatto d'accordo su cosa devolvere al già semi-indipendente Parlamento di Edimburgo. L'anno scorso i tre leader nazionali - il tory Cameron, il laburista capo dell'opposizione Miliband, il lib-dem Clegg, avevano illustrato tre diverse idee di indipendenza scozzese se si traducono in una sostanziale differenza di miliardi all'anno che andrebbero direttamente alla Scozia. Secondo un calendario da tempo fissato proprio dall'ex premier Brown, un primo documento sulla devolution dovrebbe essere reso pubblico a ottobre,dopo una consultazione pubblica la prima bozza preliminare si dovrebbe avere a novembre. Il primo testo formale da presentare al Parlamento di Londra, Westminster, a gennaio, come ribadito oggi dal premier Cameron. Cosa cambierebbe? Attualmente la Scozia ha mani libere su scuola e sanità ma ha poteri limitati sulle entrate, siano tasse o prestiti.
In attesa di vedere cosa cambierà e se vi saranno rivendicazioni anche da altre parti del Regno, i maestri di democrazia potrebbero farci battere il cuore con un altro voto. Nel maggio 2015 il premier Cameron si gioca la rielezione alle politiche, e ha promesso che in caso di vittoria indirà un referendum in tutto il Regno Unito. Quesito: sì o no all'Unione Europea?
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