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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2014 alle ore 08:28.
L'ultima modifica è del 23 settembre 2014 alle ore 15:36.

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(Epa)(Epa)

L'offensiva aerea e missilistica americana contro la città di Raqqa colpisce al cuore la capitale del Califfato, in Siria, una città di oltre 200mila abitanti che i jihadisti hanno conquistato nel gennaio scorso strappandola all'esercito di Bashar Assad.
Raqqa è la roccafforte del Califfato dove sono stati istituiti centri di reclutamento, scuole coraniche e tribunali per l'amministrazione della sharia, la legge islamica. Qui è scomparso il padre gesuita Dall'Oglio e sono state applicate con durezza le regole di jihadisti con esecuzioni pubbliche accompagnate dalla stretta l'applicazione delle pene corporali, compresa l'amputazione degli arti.

Finora a Raqqa i jihadisti si sono sentiti al sicuro: è questa città che in genere fa da sfondo ai video di propaganda dell'Isil per mostrare la sua capacità organizzativa e di "governo". Si tratta di un nodo strategico perché proietta il Califfato sia verso il Nord della Siria che in direzione dell'Iraq e ha costituito la testa di ponte per partire alla conquista anche dei pozzi petroliferi siriani.

Il regime di Damasco afferma di essere stato informato dei raid aerei, contrariamente a quanto finora hanno dichiarato gli Stati Uniti, e ora vedremo se deciderà di sfruttare la situazione per lanciare un'offensiva contro il Califfato. Una cosa è certa: la battaglia contro l'Isil è appena cominciata e i fronti, sia in Siria che in Iraq, sono molteplici. Il prossimo obiettivo potrebbe essere l'area intorno alla grande città irachena di Mosul, clamorosamente caduta in mano ai jihadisti nel giugno scorso mentre le forze armate di Baghdad si davano alla fuga.

Ma è significativo che questi raid in grande stile, cui hanno partecipato cinque Paesi arabi (Giordania, Emirati arabi uniti, Bahrain, Qatar e Arabia Saudita) siano stati lanciati da Washington mentre sta per iniziare a New York l'Assemblea generale dell'Onu: il presidente americano Barack Obama è deciso ad avviare un'offensiva diplomatica per far approvare dal Consiglio di Sicurezza una risoluzione per perseguire i jihadisti a livello internazionale e ampliare la coalizione contro il Califfato.

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