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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2014 alle ore 21:44.
L'ultima modifica è del 24 settembre 2014 alle ore 22:03.

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(Ansa)(Ansa)

Hervé Gourdel, l'ostaggio francese sequestrato in Algeria da un gruppo jihadista algerino e giustiziato nel più brutale dei modi, è l'ultima vittima di una lista che si sta allungando in modo inquietante. Il turista francese è il quarto occidentale rapito e decapitato - prima di lui è toccato a due cittadini americani e a uno britannico - nelle ultime tre settimane da miliziani estremisti che si professano leali allo Stato islamico (Isis).

È ancor più inquietante il fatto che la decapitazione, ancora una volta filmata e postata sul web come monito per scongiurare l'offensiva della Comunità nazionale contro il Califfato, avvenga nel momento in cui a New York si svolge l'Assemblea generale delle Nazioni unite, il cui tema caldo dell'agenda è proprio l'allargamento della coalizione internazionale contro l'Isis.

La colpa di Hervé Gourdel era quella di essere cittadino di un Paese che si è schierato contro i terroristi. Altre vittime sono ostaggi dell'Isis per la stessa "colpa". Ora, angosciati, ci si domanda: quanti ne seguiranno dopo di lui? Giornalisti, operatori umanitari, perfino turisti, sono obiettivi facili, disarmati. E sono ormai molti i Paesi musulmani, soprattutto arabi, ma non solo, potenzialmente a rischio di infiltrazione jihadista. Un fenomeno accentuatosi dopo l'avvento delle primavere arabe, che hanno, sì, travolto brutali dittature - spesso e volentieri sostenute dall'Occidente - ma hanno anche creato uno squarcio istituzionale, un vuoto di potere dove i gruppi estremisti hanno avuto vita facile.

Uno dei casi più evidenti è la Libia, ormai vittima di una transizione fallita e sull'orlo di una guerra civile. L'ex regno del colonnello Muammar Gheddafi è teatro di una guerra strisciante in cui sono protagonisti proprio i gruppi jihadisti . L'Isis ha compreso che il mondo arabo è in fermento. Ed è determinato a cavalcarne l'onda. Anche in Libia ha rivolto negli ultimi giorni un appello affinché le fazioni islamiche smettano di lottare tra di loro, si alleino e aderiscano allo Stato islamico e alla sua spietata - e incomprensibile - ideologia. Che prevede una cieca guerra contro civili inermi appartenenti ad altre confessioni.

La Libia non è un caso isolato. Più a oriente, i Governi di Giordania e Libano - solo per fare un esempio - da tempo hanno a che fare con l'estremismo salafita. Entrambi sono consapevoli che cellule jihadiste potrebbero cercare di trasformare in realtà, alla prima occasione utile, le minacce del Califfato nei confronti dei miscredenti, in primo luogo gli occidentali. Lo stesso vale per altri Stati.

Insomma, sono pochi i Paesi musulmani che oggi possono vantarsi di non conoscere la minaccia estremista islamica. Lo Stato Islamico ha agito come un magnete per i jihadisti di tutto il mondo. Chi non ha potuto raggiungere quel Califfato, che si estende tra la Siria nordorientale e l'Iraq occidentale, si è assunto il compito di difenderne la feroce causa nel suo Paese, e qui continuare la lotta.

Altro fatto inquietante è che la nuova guerra, sferrata dal jihadismo internazionale, si estende su un territorio immenso. Estremisti islamici leali al Califfato sono presenti dal Marocco,anzi ancora più a Sud, in Mali e in Nigeria, passando per il Medio Oriente e l'Afghanistan, fino alla lontana isola di Mindanao ,nel sud delle Filippine. È qui che il gruppo di matrice qaedista Abu Sayyaf tiene in ostaggio due turisti tedeschi e minaccia di decapitarne uno se la Germania non pagherà entro il 10 ottobre un riscatto di 5,6 milioni di dollari e non interromperà ogni sostegno all'operazione lanciata dagli Stati Uniti contro l'Isis.

In questo contesto diventa davvero difficile portare avanti con successo la guerra al Califfato. Perché questo agisce con il terrorismo, il cui mezzo è terrorizzare - a qualunque prezzo - le popolazioni civili dei Paesi a lui ostili per raggiungere i suoi fini. Ed è qui che entra in gioco proprio il mondo musulmano. I moderati, che ripudiano i mezzi e l'ideologia dell'Isis, sono ancora la maggior parte. In loro devono riposare le nostre speranze. Sono loro che noi dobbiamo aiutare nella guerra per sconfiggere l'estremismo.

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