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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2014 alle ore 14:38.
L'ultima modifica è del 28 settembre 2014 alle ore 19:55.

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La polizia di Hong Kong ha sparato gas lacrimogeni per disperdere le manifestazioni di studenti che chiedono l'avvio della democrazia. Nel centro della città si è scatenato il caos, e non venivano utilizzati gas lacrimogeni dal 2005, quando un corteo si è diretto verso la barriera di agenti che circondava altri manifestanti che avevano lanciato un appello alla «disobbedienza civile» e messo in piedi un sit-in.

In serata un breve messaggio televisivo sul sito web del governo di Hong Kong, CY Leung, il capo dell'esecutivo della città, ha chiesto ai manifestanti di sgomberare le strade della città per consentire a lavoratori e studenti di andare al lavoro e a scuola lunedì. Il messaggio, di 1.42 minuti, non fa parola dell'origine politica dei disordini che hanno infiammato Hong Kong negli ultimi giorni, e dice solamente che «Hong Kong è la nostra città e vogliamo tutti che essa possa svilupparsi in modo rispettoso della legge».

La scorsa notte il movimento Occupy Central with Love and Peace aveva dato il via ufficiale al sit-in di disobbedienza civile, in anticipo rispetto alla data prevista, il primo ottobre, 65esimo anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese. «Occupy Central ha raggiunto l'obiettivo di educare la gente a combattere per i loro diritti - ha spiegato ad Agi China Willy Lam, esperto di elite politiche cinesi e docente di Scienze Politiche presso la Chinese University di Hong Kong, punto di ritrovo degli studenti in protesta nei giorni scorsi - una delle cose più importanti è che la maggior parte dei manifestanti è costituita da studenti universitari. Generalmente i giovani non sono interessati alla politica, ma questa volta hanno dimostrato di essere consapevoli della situazione e di volere combattere per i loro diritti».

La protesta dei manifestanti si era intanto estesa alle vie di Harcourt Road e di Gloucester Road, vicine al centro della rivolta, la zona di Admiralty e Tamar, dove ha sede il governo dell'isola. La polizia aveva chiuso l'accesso alle aree calde e aveva avvertito della possibilità di arresti a chiunque avesse tentato di fare irruzione nell'area delle proteste. Il traffico è nel frattempo andato in tilt e molti autobus e automobili sono state circondate dalla folla.

Da venerdì sono stati 77 gli arresti nell'ex colonia britannica per le manifestazioni dei giorni scorsi: tra loro anche i deputati del Partito democratico, Emily Lau e Albert Ho, e l'accademico Joseph Cheng, docente di Scienze Politiche della City University di Hong Kong. Il leader degli studenti di Hong Kong, Joshua Wong, 17 anni, è stato rilasciato oggi dopo due giorni trascorsi in prigione. Lo ha annunciato lo stesso Wong in un messaggio su twitter. La magistratura dell'isola oggi ne aveva ordinato la liberazione. Wong era una delle 78 persone fermate nei giorni scorsi, secondo la polizia di Hong Kong. In un altro tweet una studentessa afferma che Joshua Wong avrebbe detto di stare bene ma di aver perso in una colluttazione con gli agenti durante il suo arresto gli occhiali e le scarpe.

Le ragioni della protesta

La mobilitazione di migliaia di studenti e persone di tutte le età ad Hong Kong, una protesta senza precedenti nell'ex colonia britannica, è stata innescata dalla decisione della Cina di porre forti limiti alle prime elezioni a suffragio universale del capo del governo locale che si svolgeranno nel 2017. Innanzitutto, Pechino ha ridotto di limitare a due o tre il numero dei candidati alla carica di “chief executive”. Inoltre, il governo centrale ha stabilito che i candidati devono essere approvati da un'apposita commissione elettorale di 1.400 persone, i cui membri vengono nominati da Pechino. È soprattutto quest'ultima decisione che ha scatenato la protesta degli studenti. Per il movimento Occupy Central questa, infatti, rappresenta una marcia indietro rispetto alla promessa della Cina di instaurare una piena democrazia politica. Impegno contenuto nella Basic Law, la Costituzione di Hong Kong che dal 1997 è una speciale regione amministrativa della Cina. Deng Xiaoping, il leader cinese che firmò insieme all'allora premier britannica Margaret Thatcher l'accordo per il ritorno di Hong Kong alla Cina, sancì questa promessa inventando la formula “un Paese, due sistemi”.

L’appello

Dopo gli studenti della Federation of Students anche il cardinale Joseph Zen (arcivescovo di Hong Kong fino al 2009) e il leader della protesta Occupy Central, Chan Kin-man hanno chiesto alle migliaia di manifestanti che protestano contro Pechino, di ritirarsi.
Kin-man ha detto: «È una questione di vita o di morte e noi poniamo la sicurezza della gente al primo posto,. Ritirarsi non significa arrendersi...continueremo la lotta».

Il cardinale Zen, in prima fila con gli organizzatori della protesta, ha esortato tutti a tornare a casa: «È molto chiaro che non ci può essere alcun dialogo con questo regime. Non vogliamo che nessun si faccia male. Una vittoria che richieda il sacrifico di vite non è una vittoria».

Il nodo del contendere sono le lezioni del 2017 dove Pechino, cui Hong Kong è tornata nel 1997, seppur formalmente, con un regime speciale, vuole valutare i candidati alla guida amministrativa della città e scartare quelli che considera indegni, prima di procedere all'elezione.

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