Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2014 alle ore 13:05.
L'ultima modifica è del 29 settembre 2014 alle ore 17:55.

My24

La sua posizione, il premier, l’ha espressa chiara e tonda nell’intervista di ieri sera a “Che tempo che fa”: sul lavoro non si torna indietro, il modello che «ha abbandonato al precariato un’intera generazione» va cambiato. Come? Anche dicendo addio una volta per tutte alla «battaglia ideologica della sinistra» sull’articolo 18. Oggi pomeriggio alle 17 Matteo Renzi - che stamattina ha incontrato di nuovo il capo dello Stato, Giorgio Napolitano per discutere dei lavori parlamentari e dell’assemblea delle Nazioni Unite della scorsa settimana - illustrerà il Jobs act alla direzione del suo partito, senza aver raggiunto alcun accordo con la minoranza. Ma sarebbe più giusto dire con “le” minoranze, che prima della riunione si vedono per fare il punto: perché chi vede malvolentieri il ddl delega all’esame del Senato non rappresenta un blocco unico. C’è la linea soft dei giovani turchi di Matteo Orfini, presidente del partito, convinto che i margini per un accordo ci siano nonostante, a suo dire, servano «robuste correzioni». E c’è la linea dura di Stefano Fassina, Rosy Bindi, Francesco Boccia, Pippo Civati, Massimo D’Alema, Gianni Cuperlo: tutti quelli che sull’abolizione tout court del reintegro (salvo in caso di licenziamenti discriminatori) potrebbero votare contro, sancendo ufficialmente la spaccatura dei dem.

Bersani: chi dirige deve trovare una sintesi
La parola scissione circola, ma con meno insistenza dei giorni scorsi. Un pericolo che non c’è, ha precisato Pier Luigi Bersani, tornato leader della parte critica. Ma «chi ha responsabilità di dirigere - ripete l’ex segretario del partito - deve cercare una sintesi». Oggi a Radio Deejay Bersani ha bollato i ragionamenti del premier come «stravaganti»: «Siccome abbiamo pochi occupati, e molti disoccupati, togliamo l'art. 18. In Germania ne hanno più di occupati, e hanno l'art. 18. Forse viene il dubbio che non c'entri un tubo l'art. 18». E ancora: «Io francamente non mi aspetto spallate. La lealtà c'è sempre, almeno da parte mia. Temo che vengano dalla realtà, dai fatti».

Civati: l’imprenditore non può sostituirsi al giudice
Prima della direzione Civati ha affidato al suo blog il suo pensiero, sottolineando come «il premier ieri sera doveva dire di fidarsi dei giudici. Poi certo anche degli imprenditori. E dei lavoratori pure. Il fatto è che l'imprenditore (come il lavoratore subordinato) non può sostituirsi al giudice perché è parte in causa. Mentre il giudice è terzo».

Area riformista pronta al no, in attesa di intervento Renzi
«Prima ascoltiamo la relazione di Renzi». I membri della Direzione del Pd di Area riformista (minoranza bersaniana) si sono riuniti per fare il punto prima della riunione. Si attende di capire se il segretario farà qualche apertura o meno sulle richieste avanzate dalla minoranza sul Jobs Act. «Se la proposta resta così com'è, è inevitabile che votiamo contro», spiega Alfredo D'Attorre.

Dopo la direzione, la prova del Senato
Le proposte delle minoranze sono varie ma tutte puntano a estendere la possibilità di reintegro oltre i licenziamenti discriminatori, una strada che al momento - a meno di sorprese - Renzi sembra escludere. Dalla sua il premier ha i numeri perché, almeno in direzione, controlla saldamente quasi il 70% dei circa 200 componenti del “parlamentino” del partito. Superato lo scoglio della direzione, però, avrà davanti a sé quello più insidioso dell’assemblea di Palazzo Madama che si riunisce mercoledì. Obiettivo del Governo è di dare il via libera alla delega sul lavoro entro l' 8 ottobre quando si terrà a Milano la conferenza dei capi di Stato e di governo europei sulla crescita. E il 10 ottobre è in calendario il Consiglio dei ministri per il varo della legge di stabilità.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi