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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2014 alle ore 06:36.

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REGNO UNITO
Discrezionalità del giudice,
la reintegra è rara
Nel Regno Unito la reintegra del dipendente (che sia in un medesimo posto, "reinstatement", o in un posto diverso e comparabile a parità di retribuzione, "reengagement") è sì prevista dalla legge, ma viene applicata molto raramente. Il giudice ha un'ampia discrezionalità nel caso in cui debba decidere se reintegrare o meno un lavoratore licenziato illegittimamente; per cui il reintegro è una delle opzioni ma la scelta è sempre del
magistrato che, se ritiene non praticabile il reintegro, opterà per una sanzione economica di tipo risarcitorio. Ed è quello che più frequentemente succede: la prassi evidenzia come molto spesso i giudici preferiscano condannare al pagamento di una somma di denaro piuttosto alta e che viene ulteriormente incrementata qualora il datore non abbia rispettato la procedura prescritta per il recesso. Il riconoscimento economico (per i licenziamenti ingiustificati) ha dei limiti e comunque varia a seconda dell'anzianità di servizio
GERMANIA
Reintegro possibile ma applicato solo in pochi casi
In Germania, dove il sistema del lavoro è caratterizzato da forme di compartecipazione molto avanzate, le tutele si applicano nelle aziende con più di 10 dipendenti e per i licenziamenti è necessaria una consultazione con il comitato di impresa che, se lo ritiene illegittimo, ricorre al giudice; quest'ultimo poi può scegliere tra reintegro e risarcimento. Quindi il reintegro è possibile (ma non obbligatorio) ma è applicato in pochi casi. Questo perché la giurisprudenza tedesca opta per la tutela piena e reale solo se c'è una proficua ripresa della collaborazione tra datore di lavoro e lavoratore. Quando cioè è possibile un effettivo ritorno in azienda. Un licenziamento è considerato illegittimo quando è basato su fattori inerenti la capacità o le qualità o la condotta del lavoratore. Inoltre per i licenziamenti non economici non è prevista una indennità di licenziamento salvo diversa previsione dei contratti collettivi
FRANCIA
Reintegra di diritto
solo se c'è discriminazione
In Francia, per un licenziamento "sans cause réelle et sérieuse" (vale a dire, senza una causa reale e seria) il lavoratore può chiedere di essere ripreso al suo posto di lavoro; però il datore di lavoro può opporsi alla reintegra e quindi il giudice può disporre a favore del lavoratore solo un indennizzo, che però non può essere inferiore alle sei mensilità. La sanzione della reintegra del lavoratore illegittimamente licenziato non è quindi obbligatoria ed è prevista solo per il licenziamento discriminatorio. Vale a dire quando il licenziamento risulta essere nullo per motivazioni attinenti alla sfera privata del lavoratore, o intimato a seguito di molestie. In questi casi la reintegra è di diritto per i dipendenti. In tutti gli altri casi scatta invece un risarcimento monetario, un indennizzo, cioè, che aumenta a seconda dall'anzianità di servizio del lavoratore
ITALIA
Un terreno di confronto
da quasi due decenni
Sulla questione della reintegra del lavoratore licenziato illegittimamente, ovvero dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, diversi sono stati i tentativi di modificare la norma. Ci provò Massimo D'Alema nel 1999 da presidente del Consiglio quando, all'interno di alcune misure per la crescita dimensionale delle imprese, mise in campo l'ipotesi di consentire alle imprese con meno di 15 dipendenti di assumere altri lavoratori a tempo indeterminato con una moratoria di 3 anni dell'articolo 18. Il niet della Cgil, allora guidata da Sergio Cofferati, bloccò sul nascere l'iniziativa. Successivamente ci provò nel 2001-2002 il governo guidato da Silvio Berlusconi, anche qui senza successo. In entrambi i casi i tentativi riformatori sono costati vite umane, nelle persone di Massimo D'Antona, consulente del ministro del Lavoro Antonio Bassolino nel governo D'Alema, e Marco Biagi, che aveva lo stesso incarico presso il ministero di Roberto Maroni nel governo Berlusconi

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