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Questo articolo è stato pubblicato il 03 ottobre 2014 alle ore 20:00.
L'ultima modifica è del 03 ottobre 2014 alle ore 20:09.

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«Abbiamo già consegnato all'Organizzazione mondiale della sanità circa 3 mila dosi e altre 7 mila le consegneremo entro i primi di dicembre». A parlare è Piero Di Lorenzo, presidente dell'Istituto di Ricerca Bio Molecolare di Pomezia (IRBM Scienze Park), in merito al vaccino che potrebbe fermare Ebola, virus altamente letale che attualmente si sta diffondendo attraverso tutta l'Africa occidentale.

«È da 5 anni che stiamo producendo questo vaccino e dopo aver ottenuto effetti sul 100% delle scimmie trattate, è arrivato l'ok dell'Aifa e della Food & Drug Administration ed è subito iniziata la sperimentazione sui volontari sanitari», dichiara Di Lorenzo, che aggiunge che il loro è «l'unico vaccino anti Ebola che utilizza gli adenovirus». L'ideazione è tutta italiana: realizzato nei laboratori dell'IRBM Science Park di Pomezia (dove lavorano 20 persone), il vaccino contro il virus Ebola è stato concepito dalla Okairos di Riccardo Cortese, in joint venture con la IRBM.

Per capire la storia - tutta italiana – bisogna partire proprio da Cortese, che 7 anni fa iniziò a fare i primi esperimenti e creò la Okairos, una piccola azienda biotecnologica, acquistata lo scorso anno dalla multinazionale britannica GlaxoSmithKline per 250 milioni di euro, che aveva già capito le potenzialità di questo vaccino. Gsk sta, infatti, trattando con l'Organizzazione mondiale della sanità «per consegnare nel 2015 un milione di dosi», anticipa Di Lorenzo. Ma il rapporto di Cortese con la IRBM è precedente, in precedenza aveva, infatti, diretto la società per diversi anni, per poi lasciare il gruppo e creare la Okaidos quando l'IRBM venne acquistata dal colosso americano Merk, che a sua volta l'ha poi ceduta nel 2010 all'imprenditore Piero Di Lorenzo.

L'innovazione di Cortese sta nel fatto che «più che un vaccino, è stato inventato un metodo», prosegue il presidente dell'IRBM Science Park, che poi conclude dicendo: «Immettendo tutto il virus nell'organismo, e non solo un frammento, si ha infatti una copertura 100 volte superiore». Tante sono quindi le speranze riposte in questo vaccino, che potrebbe salvare milioni di vite umane e diventare un’altra invenzione made in Italy.

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