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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2014 alle ore 14:28.
L'ultima modifica è del 05 ottobre 2014 alle ore 14:36.

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Simona Vicari, sottosegretario allo Sviluppo economico (foto Ansa)Simona Vicari, sottosegretario allo Sviluppo economico (foto Ansa)

ROMA - Estrazioni nazionali di petrolio e gas da rilanciare, promette il Governo a suon di provvedimenti inseriti nel decreto Sblocca-Italia: autorizzazioni che passano allo Stato centrale, passaggi burocratici semplificati ma a fronte di controlli e verifiche più rigorose (si promette). Ecco, immancabile e non inattesa, l'ennesima ondata di no: autonomie territoriali “violate”, ambiente a rischio, una sterzata a favore del petrolio e contro le energie verdi che già hanno dovuto subire un ridimensionamento anche retroattivo degli incentivi. Bordate tradotte in emendamenti correttivi, o addirittura soppressivi, che vengono anche dalle fila dei partiti che sostengono la maggioranza.

Sarà battaglia dal pomeriggio di giovedì prossimo, quando alla Camera tenterà l'affondo per convertire il decreto. E il Governo prepara la contromossa. Mediazioni e modifiche? «In arrivo».
Simona Vicari, sottosegretario allo Sviluppo economico, difende il provvedimento, parla di «equivoci e strumentalizzazioni» che «rischiano di riproporre la vicenda dell'articolo 18», ma annuncia anche una mano tesa «per rafforzare le garanzie». Novità? Eccone intanto due.

Una scatola nera sorveglierà le estrazioni petrolifere italiane. È tutta made in Italy. Le nostre aziende, che su queste soluzioni sono notoriamente all'avanguardia, si sono messe al lavoro senza troppo clamore subito dopo il disastro del Golfo del Messico. I risultati sono arrivati. E così la nuova scatola nera, che diventerà obbligatoria per tutti, imprese vecchie e nuove, non solo tutelerà il territorio e l'ambiente ma potrà essere una nuova importante fonte di affari. Si potrà – azzardano al ministero dello Sviluppo economico – esportare il nuovo apparecchio in tutto il mondo. Per garantire trasparenza e controllo su ogni inconveniente e su ogni possibile incidente nelle procedure di estrazione di petrolio e gas, in terra e in mare. Si tratta «di una delle misure qualificanti della nuova direttiva europea sulla sicurezza delle estrazioni» a cui l'Italia ha contribuito con impegno «e che contiamo di recepire formalmente in anticipo rispetto alla scadenza del luglio 2015», promette Simona Vicari.

Per oliare almeno un po' il meccanismo del consenso territoriale per un utilizzo meno timido delle nostre comunque cospicue risorse di idrocarburi, ecco la seconda carta che il governo si appresta a giocare. Ai nuovi vantaggi economici concessi alle regioni ospitanti, che vedranno conteggiati i proventi delle estrazioni petrolifere al di fuori dei parametri del patto di stabilità, se ne aggiungerà un altro: le royalties sulle estrazioni saranno garantite sia ai territori che già ne godono sia a chi ospita comunque i cantieri ma non ha finora goduto di alcun provvedimento “compensativo”. È il caso dei comuni delle zone costiere prospicienti gli impianti marini, che fanno da ponte e da supporto logistico per tutte le attività degli operatori. Comuni che si contano sulle dita di una mano. Sono piccoli, non certo ricchi. «Qualche milione di euro all'anno in più a loro favore potrebbe risolvere un mucchio di problemi».

La senatrice Vicari intanto rassicura: «Altro che demolizione del sistema di garanzie locali. È tutto un equivoco. In realtà il decreto Sblocca-Italia introduce garanzie più coerenti e precise per tutte le attività di prospezione e estrazione di idrocarburi». È vero: il provvedimento affida il timone autorizzativo allo Stato centrale «ma semplicemente per evitare che le regioni e le amministrazioni locali siano preda, così com'è avvenuto finora, del gioco ostruzionistico di chi per principio vuole bloccare qualunque attività».
«In realtà – puntualizza il sottosegretario – le regioni mantengono immutati i loro poteri di intervento. È infatti previsto, confermato e rafforzato, il loro preciso assenso vincolante alle autorizzazioni. Si mantiene inalterata la partecipazione al procedimento degli enti locali nell'ambito della conferenza dei servizi la cui convocazione diviene anzi obbligatoria.

E con il titolo concessorio unico, sul modello adottato da diversi Paesi europei come l'Inghilterra, la Norvegia e la Danimarca, si potrà ottimizzare l'iter amministrativo superando i ritardi nelle duplicazioni che attualmente bloccano investimenti privati per circa 15 miliardi di euro che potrebbero avere importanti ricadute occupazionali portando alla creazione di almeno 25.000 posti di lavoro». «Le norma previste nel provvedimento fanno semmai emergere – sintetizza Simona Vicari – le responsabilità dei ritardi e dei dinieghi pretestuosi, obbligando ad una tempistica compatibile con le esigenze e le disponibilità delle imprese».

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