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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2014 alle ore 09:14.
L'ultima modifica è del 07 ottobre 2014 alle ore 09:57.

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I Molè
Inutile negare che Balestrieri ne sa una più del diavolo e che le sue conoscenze sulla Piana di Gioia Tauro (da decenni nei radar dalla Cia) sono senza (o con pochi) pari. Ecco cosa dichiarò i 20 agosto 2011 al collega Consolato Minniti di Calabria Ora. Alla domanda su quale fossero i suoi legami con le cosche della Piana, rispose così: «Partiamo da un assunto: la ‘ndrangheta non è un'organizzazione mafiosa ma terroristica…» e alla successiva domanda su cosa facesse, lui, in Italia, rispose così: «Basta che le dica una cosa sola: Rocco Molè era un nostro informatore (lasciando capire, con quel “nostro” che lui, Balestrieri, era un agente dei servizi statunitensi, anche se non mai esplicitamente detto quali, ndr), ci dava i numeri per individuare i container che arrivavano a Gioia Tauro. Poi, dopo che qualcuno ha scoperto questa cosa, Molè è stato ammazzato. Ma noi americani non siamo mai andati a rompere le scatole a nessuno. Prendevamo le nostre informazioni ed andavamo via».

Queste dichiarazioni – di impatto in uno Stato quale il nostro, già oggetto di appetiti delle mafie e dei servizi deviati di tutto il mondo – passarono in cavalleria per tutti ma non certo per la magistratura calabrese che sta tifando per il suo sbarco in Italia e men che meno per la famiglia Molè.
Il 20 agosto 2011, Antonio Molè, nipote di Rocco Molè, ucciso a Gioia Tauro il 1° febbraio 2008, «proprio nello stesso giorno in cui Cosimo Virgiglio, in qualità di legale rappresentante della Cargo Service Srl, firmò con la società Ita Srl l'atto di affitto due rami d'azienda di Villa Vecchia», ricorda oggi l'avvocato di Boccardelli e Balestrieri, Francesco Ciabattoni del foro di Ascoli Piceno, prende carta e penna e scrive.
In una lunga lettera all'allora direttore di Calabria Ora, Piero Sansonetti, prese le distanze da Balestrieri e dalle sue affermazioni. Non poteva fare altrimenti. Quella risposta, che riproponiamo, è da leggere in filigrana in ogni singola frase, rigo e parola. A maggior ragione ora che Balestrieri è stato arrestato.

La lettera dei Molè
«Giungo a Voi con questo scritto per informarvi del fatto che la notizia che più ha destato in me sconcerto è stata quella scritta da un Vostro giornalista e pubblicata dal Vostro giornale il 20 ed il 21 agosto scorso.
In quegli articoli, infatti, sono state riportate alcune frasi dette in un'intervista da Hugo Balestrieri ricercato nell'ambito dell'Operazione denominata “Maestro”. Quelle parole sono state trascritte senza verificarne la veridicità ed hanno cercato di infangare il nome del mio defunto zio Rocco Molè.
Vi spiego il perché. Il “pentito” Cosimo Virgilio nelle sue dichiarazioni ha detto una marea di cose false, ma una cosa l'ha detta sicuramente vera e cioè che fino al decesso di mio zio io ero l'unico della mia famiglia insieme a lui a seguire tutto ciò che è stato definito “L'affare Villa Vecchia” e che ho seguito con lui tutta la vicenda per poter acquisire la gestione dell'hotel e per poter, però, lavorare onestamente.

Tra l'altro, questa circostanza emerge dalla indagine essendo stata riferita anche dal Ros che stava effettuando la attività di intercettazione di tutti i miei familiari. In effetti, io ero considerato da mio zio come il figlio maschio che non ha mai avuto ed io conosco tutto quello che ha fatto mio zio lì dentro e conosco tutte le persone che ha conosciuto lì. Perciò con assoluta certezza posso affermare che: «Rocco Molè non è mai stato informatore di Balestrieri e né di nessun altro». Permettetemi di aggiungere anche che nessun componente della famiglia Molè è mai stato e mai sarà informatore di qualcuno, ma non perché noi siamo “mafiosi” come tante volte i giornali hanno scritto, ma perché siamo una famiglia onesta, una famiglia che ha sempre cercato di lavorare onestamente ed anche se abbiamo avuto diverse questioni giudiziarie non siamo quel “marcio” che la procura cerca di addossarci!

Vi prego di rendere pubblica questa mia lettera così da poter smentire le bugie raccontate da Balestrieri anche se la gente onesta che ci conosce sa che non indossiamo questo tipo di abiti. Certo nella Vostra attenzione e nella Vostra buona fede mi scuso se sono stato brusco nello sfogarmi, ma avete scritto una cosa che fa veramente male, specialmente perché si è parlato di un defunto che non ha la possibilità di controbattere. Distinti saluti Antonio Molè».
Ci sono tutti gli ingredienti perché questa storia, che ora diventa anche un intrigo internazionale, continui. La speranza è che continui nella ricerca della verità sugli affari sporchi che passano attraverso il porto di Gioia Tauro e i (presunti) rapporti tra cosche e uomini borderline di Stati sovrani. Una verità che appare ancora ben lontana e, purtroppo, inquinata da elementi spuri.
r.galullo@ilsole24ore.com

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