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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2014 alle ore 10:29.
L'ultima modifica è del 07 ottobre 2014 alle ore 12:35.

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L’Eroica è un tuffo nel ciclismo operaio degli anni Settanta. Apri gli occhi e ti svegli con la lancetta dell’orologio all'indietro. Tanta nostalgia e un magone così che ti toglie il fiato. Le maglie in lana con le lettere ricamate: la Scic, Zonca Santini, Bustese Wilier Triestina, quella rossa CCCP della selezione russa, G.s. Gommista Brigioni, Gis Gelati, Giacobazzi Lambrusco, Mornaghese, Inoxpran e Brooklyn. Le bici in acciaio, quelle degli artigiani italiani con l’officina sotto casa, i fili dei freni fuori, il cambio da far girare e quei dannati tacchetti da stringere con il cinghietto che passati quarant’anni da quando correvo con le biciclettine della F.C.I., nei giovanissimi e negli esordienti, non ne vogliono sapere di entrare al loro posto.

Benvenuti a Gaiole in Chianti, nel cuore delle colline senesi, tra Fiorentina e dio bono, Antonelle e Gini, ribollita e vin santo. Ameno paesino che due giorni all'anno si trasforma nella capitale mondiale del ciclismo di un tempo delle tv in bianco e nero. Accanto alla gara, cicloturistica su strade bianche da 38, 75, 135 e 205 km, che per l’edizione numero 14 ha 5mila iscritti, c’è un mercatino con il gotha dei collezionisti del ciclo d’antan dove si trova davvero di tutto. Gli iscritti all’Eroica sono 5mila - altrettanti ne sono rimasti fuori – e arrivano da tutto il mondo per partecipare a una gara dove vince chi va più piano, e dove ai ristori ti danno il vino e la ribollita invece del gatorade e delle barrette. Più simile a un rito collettivo, che a una gara. Un tuffo bellissimo in un’Italia che non c’è più .

Io per l’occasione sfoggio una maglia della Nazionale Italiana diliettanti autentica, con tanto di tarli qua e là. La indossava tanti anni fa Fausto Restelli da Gallarate, Campione italiano categoria dilettanti Juniores ‘79, passista scalatore, e figlio di Ezio Restelli, professionista ai tempi di Charly Gaul e di Gastone Nencini.

Anche la bici mi è stata prestata da un amico ciclista, Luca Violetto, che invece quest’anno ha una superba Wilier Triestina bronzo ramata tutta montata Campagnolo, appena ricomprata da un anziano cicloamatore Veneto che la teneva in cantina. La mia e' una vecchia Bottecchia che Luca ha usato lo scorso anno: poco più di un cancello, con dei freni tedeschi mai visti, che Dio solo sa che cosa succederà se ti dovessero servire davvero.

La prima sfida dell’Eroica è riuscire a risalire e a pedalare su queste vecchie bici e farle andare , come si andava un tempo, su strade sterrate, piene di polvere, polvere che ti entra dappertutto. Ridarle gloria, riportarle in vita, per qualche ora.
Gli eroici più eroici, quelli che scelgono di fare il percorso sopra i 200 km, partono alle 5 di mattina che è ancora buio, con le lucette attaccate al manubrio. Io sono iscritto alla lunga ma dopo i 6mila metri di dislivello dell’ultima Oetztaller, la pioggia, il freddo, le tredici ore in bici, non ho tanta voglia di stare fino a stasera sui pedali e preferisco pensare a questa lunga giornata solo per godermi lo spettacolo: uno scenario naturalistico e ciclistico dalla incomparabile bellezza, senza fretta, senza lo stress del tempo. Ho lasciato volutamente a casa i vari gps, cardiofrequenzimetri e computer di bordo, di cui ormai tutti siamo dotati e non sappiamo andare senza. E vado faccia al vento semplicemente, con solo una bici e i pedali, la forza e il cuore.

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