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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2014 alle ore 10:29.
L'ultima modifica è del 07 ottobre 2014 alle ore 12:35.

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Il ritoro di metà gara ad Asciano è quello dove ti danno la Ribollita, e l’”ovo fresco” da bere, assieme al solito Chianti, pane e Finocchiona e Panforte. Un attentato calorico alla nostra Eroica, considerando che passato il ritoro comincia una salita da togliere il fiato, il Monte Sante Marie, uno strappo dietro l’altro su strade un po’ più rovinate e piene di sabbia dove è davvero difficile per il numero di ciclisti sul percorso e per le insidie del terreno restare sui pedali lungo tutti gli strappi che mi dicono i ben informati in alcuni punti qui arrivano al 18-19 per cento. La dico un’Ave Maria mentre provo a conquistare la prima salita con il salame che torna su. Ogni tanto sono costretto a mettere giù il piede e a continuare di passo spingendo la bici a mano, e con me lo fanno in tanti, ma non è un grosso cruccio. C’è un’atmosfera euforica, nella fatica e nel sudore, tra la polvere e i polpacci gonfi.

Il resto della mia Eroica è voglia di arrivare per scendere dalla bici. È il Vin Santo con i Cantucci all’ultimo “rifornimento” a Castelnuovo Berardenga, a prendere il sole seduti in piazza. Sono le colline dolci e i vigneti pettinati sull’ultima salita che ci riporta al Castello di Brolio. È una coppia di ragazzi americani, a pochi km dall’arrivo di Gaiole, che festeggiano come dei matti per avercela fatta ad arrivare in fondo, scortati da altri amici in auto, che strombazzano sul clacson manco fosse il Tour de France, guidando una 127 bianca prestata, anch’essa rigorosamente d'epoca. È l’arrivo, finalmente, a Gaiole in Chianti dopo una decina di ore, in un traffico pazzesco, da metropoli, a fare lo slalom con la bici tra le auto in fila, nei due sensi di marcia. Un epilogo per niente bucolico, immersi nel traffico - ma gli organizzatori dov’erano? - dopo una bella giornata di sport e natura.

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