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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2014 alle ore 16:21.
L'ultima modifica è del 09 ottobre 2014 alle ore 10:06.

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(Ap)(Ap)

Un dipendente sudanese dell'Onu, contagiato dal virus Ebola, è arrivato questa mattina su un volo speciale a Lipsia proveniente dalla Liberia, per essere curato. Sono tre attualmente i malati affetti dalla febbre emorragica curati in Germania. «È stato ricoverato presso la clinica di Lipsia che dispone di un centro di cure specializato», ha precisato il portavoce del ministero della Sanità della Sassonia, Ralph Schreiber.

Il primo decesso negli Usa
Il primo malato di ebola negli Stati Uniti, il liberiano Thomas Duncan, è morto. Il paziente è deceduto al Texas Health Presbyterian Hospital di Dallas. Duncan era arrivato in Texas lo scorso 20 settembre dalla Liberia per visitare la famiglia. Da giorni era in condizioni molto «critiche». Duncan aveva contratto il virus a Monrovia aiutando la figlia di una coppia di amici a recarsi in ospedale e quando ancora non aveva sintomi visibili era arrivato negli Stati Uniti, per una visita ad alcuni suoi parenti.

Intanto un vice sceriffo della contea di Dallas, in Texas, ha mostrato i sintomi dell'Ebola, dopo che nei giorni scorsi era entrato nell'appartamento in cui viveva Duncan, il malato liberiano morto ieri. Lo hanno riferito le autorità di Frisco, la cittadina in cui vive l'uomo, Michael Monnig.
Monnig è stato ricoverato a Frisco per problemi di stomaco, poi è stato trasferito all'ospedale Texas Health Presbyterian di Dallas per «possibile esposizione al virus Ebola». Era stato per circa mezz'ora nell'appartamento in cui Duncan aveva vissuto, dopo che questi era stato ricoverato il 28 settembre. Le autorità hanno precisato che l'uomo non era stato inserito nella lista dei 48 monitorati, proprio perché non era mai entrato in contatto diretto con il liberiano. Potrebbe però aver avuto contatti con i suoi familiari. Secondo le autorità di Frisco il rischio che Monnig sia stato contagiato è minimo.
Intanto Tom Frieden, il direttore dell'istituto americano per la salute Centers for Disease Control and Prevention, ha tenuto una conferenza stampa sulla malattia. «Qualsiasi cosa faremo, non potremo ridurre a zero il rischio in questo Paese», ha detto. E sul nuovo paziente ha aggiunto: «Stiamo parlando di qualcuno che non ha avuto un contatto definito o sintomi definiti di Ebola, di cui ci si sta occupando. Stiamo controllando gli altri 48 e nessuno di loro sinora ha avuto febbre o sintomi».

Il ministro Lorenzin
«Dobbiamo tracciare gli operatori e più in generale tutti i viaggiatori che tornano o arrivano in Europa dai paesi a rischio», e inoltre «inviare dei medici europei anche negli aeroporti africani di partenza, che facciano prevenzione e informazione»'. Lo afferma il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, in un'intervista al Messaggero. «Il caso del medico di Emergency ricoverato allo Spallanzani è un non caso. Non è malato di Ebola, i test sono risultati negativi»', sottolinea Lorenzin. «C'è forse stato un eccesso di precauzione. Ma meglio così, meglio essere prudenti per evitare casi come quelli dell'infermiera spagnola contagiata». «Stiamo pensando con la cooperazione e le nostre Ong se sia possibile realizzare una zona di decompressione per tutti i cooperatori per un periodo di 21 giorni prima di tornare in Europa: avremo la certezza che in nessun modo potranno esserci contagi», spiega Lorenzin. «Le missioni in West Africa sono fondamentali: contribuiscono a fermare il contagio. E fermarlo è nell'interesse di tutto il mondo, compresa l'Italia. Se non riusciamo a limitarlo, prima che i contagiati arrivino a quota 20mila, tutto sarà molto più complicato».

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