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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2014 alle ore 10:39.
L'ultima modifica è del 10 ottobre 2014 alle ore 17:59.

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«Naturalmente è un passo in avanti in un quadro di riferimento che contiene molti altri elementi da coltivare». Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha risposto così a chi gli chiedeva come giudicasse la fiducia al Senato sul Jobs act. Fiducia che potrebbe essere replicata anche alla Camera. «È un'ipotesi», ha detto ieri sera Matteo Renzi ospite a Virus su Rai2. «Vedremo il dibattito alla Camera: se fanno velocemente, non ce ne sarà bisogno». L’obiettivo del Governo resta comunque quella di una rapida approvazione della delega sul lavoro, entro fine novembre, dunque senza modifiche rispetto al testo votato mercoledì dal Senato. Sulla stessa linea il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che oggi in un’intervista alla Stampa dice: «Bisogna correre ma non per smania mia o del governo a fare in fretta. È la condizione del nostro Paese che ci impone di fare al meglio, il più velocemente possibile».

Squinzi: «Va confermato alla Camera e riempito di contenuti»
Anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, al Business Forum delle imprese italo-tedesche in corso a Bolzano, ha ribadito che il Jobs act «è un passo nella direzione giusta» che però «poi deve essere confermato alla Camera e, soprattutto, riempito di contenuti con i decreti attuativi». Squinzi ha aggiunto che le dichiarazioni del presidente della Bce, Mario Draghi, secondo cui «i giovani bisogna assumerli e non licenziarli», sono «corrette». Il problema, ha precisato, è «far ritrovare la fiducia che manca e incidere sul 44% di disoccupazione giovanile. Bisogna ricostruire la fiducia attraverso profonde e incisive riforme strutturali, di cui il Paese ha un bisogno disperato». Per Squinzi, servirebbe anche un po’ di flessibilità in più dall’Europa. Senza perdere di vista l'obiettivo del 3%, ma «orientata in maniera precisa su alcuni investimenti nelle infrastrutture e della ricerca e innovazione».

Giovedì parte l’iter in commissione
Giovedì il Jobs act, blindato, sarà incardinato in commissione Lavoro alla Camera. Si decideranno le audizioni e poi si procederà con la discussione. Ma la commissione è presieduta da Cesare Damiano, ex sindacalista Cgil, ex ministro del Lavoro (nel secondo Governo Prodi) e fiero oppositore della riforma. Che sin da subito, insieme ad altri esponenti della minoranza dem tra cui la capogruppo Pd in commissione, la cuperliana Maria Luisa Gnecchi, ha annunciato battaglia a Montecitorio invocando correttivi per migliorare il ddl. Non sono d’accordo i deputati Ncd, naturalmente, che chiedono di respingere ogni tentativo di stravolgere la riforma approvata dal Senato.

Cantone (Cgil): Renzi faccia una politica industriale
Carla Cantone, ospite ad Agorà, è tornata all’attacco: «Se Renzi vuole tenere aperte le fabbriche, invece di riformare l'articolo 18 faccia finalmente una politica industriale». Poi una stoccata alla minoranza Pd: «Devono mettersi d'accordo con se stessi. Non puoi dire che non sei assolutamente d'accordo con le scelte del governo e poi dichiarare di votare la fiducia. Non è coerente. Allora è meglio stare zitti, che si fa una figura migliore».

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