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Questo articolo è stato pubblicato il 21 ottobre 2014 alle ore 15:45.

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I giudizi dei sindacati sul Jobs act - che il premier Matteo Renzi vuole approvato entro la fine dell’anno - restano tutti fortemente critici. Sentite in audizione alla commissione Lavoro della Camera, dove la delega è stata incardinata dopo il via libera del Senato, Cgil, Cisl, Uil e Ugl hanno denunciato all’unisono il mancato confronto con il governo. Ma le posizioni delle sigle continuano a essere diverse. Con il segretario generale Uil, Luigi Angeletti, tornato a contestare la manifestazione del 25 ottobre indetta dalla Cgil: «Non sono riuscito ancora a capire cosa vogliano».

Uil: la delega non è ciambella riuscita con il buco
Il leader Uil, a margine del congresso nazionale della UilScuola, ha fatto notare che «quando hanno programmato la manifestazione non c’era ancora la legge di Stabilità e neanche il Jobs act». Ha detto di non capire contro cosa protestino, se contro il Jobs act o contro l’articolo 18. Ha insomma preso di nuovo le distanze. Anche se nel corso dell’audizione in commissione a Montecitorio il segretario confederale Guglielmo Loy non ha certo risparmiato critiche al ddl: «Se cambiamento voleva rappresentare, non ci sembra una ciambella riuscita con il buco». Si tratta, per il sindacalista, di una «delega scritta volutamente in forma ambigua», sbagliata sia nel merito che nel metodo, «fondato sull’illusione che le norme sul lavoro possano adattarsi al nostro sistema produttivo senza la partecipazione delle imprese e dei lavoratori». A margine, Loy ha definito «irreale» la stima di Padoan di 800mila nuovi posti di lavoro con le misure previste dalla legge di Stabilità, che con il Jobs act sembra legata a doppio filo.

Cgil: restituire uguaglianza ai lavoratori
La Cgil insiste sulla linea dura. A Montecitorio il segretario confederale Serena Sorrentino ha spiegato che il Jobs act «rischia di ridurre le tutele e non riduce affatto la precarietà. Inoltre - ha aggiunto - mancano gli investimenti sulle politiche attive e non si investe sul capitale umano e la produttività». Proprio oggi la leader della Cgil, Susanna Camusso, ha inviato una lettera a tutti gli iscritti chiamandoli a raccolta a Roma per la manifestazione di sabato prossimo. «Rivendichiamo un futuro che sia migliore, non peggiore del passato», si legge. All’insegna delle tre parole slogan - lavoro, dignità, uguaglianza - e di quattro proposte: un piano straordinario per l’occupazione, finanziato da uno spostamento della tassazione sulle grandi ricchezze; la riforma per ammortizzatori sociali universali; la riforma dello Statuto dei lavoratori, ma per estendere diritti e tutele universali a tutti; un contratto indeterminato a tutele crescenti che serva a cancellare le forme contrattuali precarie.

Cisl: inaccettabile il mancato dialogo
Per Luigi Sbarra (Cisl), il peccato originale è l’assenza di ascolto delle parti sociali. «È mancato quel minimo di dialogo sociale con il governo e il ministero del Lavoro che è condizione necessaria per il sistema della rappresentanza», ha osservato in audizione. Un metodo «inaccettabile» che ha portato a un testo che pecca di «eccessiva genericità, privo di scelte decise». La Cisl ha illustrato le sue controproposte, tra cui la riqualificazione «attraverso uno specifico voucher» dei licenziati in base al nuovo articolo 18.

Ugl: troppi nodi ancora da sciogliere
Anche l’Ugl, rappresentata in audizione dai segretari confederali Stefano Conti ed Ermenegildo Rossi, ha stigmatizzato il «blando e limitato» convolgimento delle parti sociali. Ma pure i «troppi nodi» che la delega lascia ancora da sciogliere, «dallo smantellamento dello statuto dei lavoratori a una riforma degli ammortizzatori sociali poco trasparente».

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