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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2014 alle ore 08:48.
L'ultima modifica è del 30 ottobre 2014 alle ore 11:20.

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Il ministro degli Esteri svedese Margot Wallström (AFP Photo)Il ministro degli Esteri svedese Margot Wallström (AFP Photo)

Come preannunciato ad inizio ottobre il governo di centro-sinista svedese riconoscerà in giornata ufficialmente la Palestina come Stato, primo membro dell'Ue a farlo. Lo ha confermato il ministro degli Esteri, Margot Wallstrom. Era stato il premier Stefan Lofven ha annunciare il passo nel suo discorso d'esordio al Parlamento. Annuncio che scatenò le ire non solo di Israele ma anche degli Stati Uniti. «Il riconoscimento è un contributo ad un futuro migliore per una regione che per troppo a lungo è stata caratterizzata da negoziati congelati, distruzione frustrazione», ha scritto Wallstrom nel quotidiano Dagens Nyheter, aggiungendo che «secondo alcuni questa decisione è prematura, ma io temo che sia invece tardiva».

Il capo della diplomazia svedese ha spiegato che l'obiettivo è sostenere i palestinesi moderati rendendo il loro status più simile a quello di Israele nei negoziati di pace.
L'Assemblea generale Onu riconobbe il 29 novembre 2012 alla Palestina lo status di osservatore permanente come Stato non membro, equivalente a quello del Vaticano. Finora solo il Parlamento britannico, con una risoluzione non vincolante e quindi pura espressione di intenti, aveva riconosciuto lo Stato palestinese.
Nell'Ue nessuno ha finora seguito l'esempio di Stoccolma ma Wallstrom si dice convinto che «noi oggi apriamo la strada» tra i Ventotto «e speriamo che altri seguiranno il nostro esempio».

Da parte sua, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha definito il riconoscimento della Palestina una decisione «deplorevole». Ovviamente del tutto opposta la reazione del presidente palestinese Abu Mazen: «Il presidente Abbas (Abu Mazen, ndr) dà il benvenuto alla decisione della Svezia», ha detto il portavoce Nabil Abu Rudeina, spiegando che il leader palestinese ha descritto la decisione come «coraggiosa e storica». Nel frattempo, Abu Mazen ha denunciato oggi che la chiusura della Spianata delle Moschee dopo l'uccisione di un esponente della destra israeliana a Gerusalemme è «una dichiarazione di guerra». «Questa pericolosa escalation israeliana è una dichiarazione di guerra al popolo palestinese, ai suoi luoghi sacri e alla nazione araba e islamica», ha detto il portavoce del presidente palestinese Nabil Abu Rudeina.

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