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Questo articolo è stato pubblicato il 10 novembre 2014 alle ore 07:23.

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Sembra incredibile che l'Italia, Paese che ha conosciuto periodi di inflazione a livelli quasi sudamericani (nel 1980 21,2%, per esempio), stia oggi scivolando in una deflazione pericolosa in primo luogo per la gestione dell'enorme debito pubblico. Ma purtroppo è la realtà. E il problema non è solo italiano o dell'eurozona, spiega Bill Gross, l'irascibile re dei bond che di recente ha fatto notizia passando a Janus Capital (e provocando il crollo in Borsa di Allianz, il colosso tedesco delle assicurazioni che controlla Pimco). Nella sua newsletter mensile, Gross ricorda che quando l'inflazione si avvicina a quota zero è molto difficile estinguere il fuoco della deflazione, in particolare se i tassi sono già appiattiti (e quindi le banche centrali hanno “poca acqua per spegnere l'incendio”).

Nel diciannovesimo secolo la deflazione non era così male: in fondo a suo modo creava prosperità, come avvenne nel periodo tra il 1873 e il 1893 negli Stati Uniti. Ora però la situazione è completamente diversa, osserva Gross, non foss'altro perché buona parte dell'economia del ventunesimo secolo ha fondamenta conficcate nella sabbia della finanza e non dell’industria. Oggi il credito che circola – tra quello ufficiale e quello dello shadow banking, la finanza ombra – è pari a 100 trilioni di dollari, sei volte il Pil mondiale, con un tasso di interesse incorporato che oscilla tra il 4% e il 5%. Ovvio che per sopravvivere sia necessario alzare il livello di crescita e di inflazione, e soprattutto sfuggire alla deflazione.

Ma come si fa? Le banche centrali ci stanno provando pompando fiumi di denaro nel sistema: quattro trilioni di dollari negli Usa, l'equivalente di due trilioni di dollari in Giappone e il trilione (mille miliardi di euro) promesso da Draghi per la zoppicante Eurozona. Il risultato? Qualcosa sale, ma non quello che dovrebbe. Sale la quotazione di AliBaba, che fa +36% in Borsa nei primi sessanta secondi di quotazione, ma non gli stipendi dei lavoratori americani. Cresce la finanza, con i record a raffica di Wall Street e del Nikkei nipponico, ma non l'economia reale, almeno non al livello desiderato.

L'inflazione moderna, che quasi tutte le banche centrali fissano al 2%, è quindi indispensabile per sopravvivere. Attenzione però: per ottenerla l'economia reale non ha bisogno solo di qualcuno che stampi moneta, conclude il re dei bond, ma anche di qualcuno che spenda. E questo, secondo Gross, deve avvenire con l'aiuto di politiche fiscali espansive da parte dei Governi.

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