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Sanzioni, petrolio, rublo: la nuova era glaciale dell'economia russa

In una Russia sempre più lontana dall'Occidente, la crisi nata in Ucraina si è abbattuta sull'economia, ridotta alla stagnazione, forse addirittura a quella che qualcuno ha chiamato “glaciazione”

2. La nuova era glaciale russa / La missione impossibile di Elvira Nabiullina

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Quattro rialzi dei tassi di interesse dal 3 marzo scorso al 31 ottobre, dal 5,5 al 9,5%: una stretta monetaria è l'esatto contrario di quello di cui avrebbe bisogno l'economia russa e «moltiplica i dolori di molte compagnie in difficoltà» lasciandole in un grosso svantaggio competitivo rispetto a imprese cinesi o europee, come scriveva in maggio Demetrius Floudas dell'Università Immanuel Kant di Kaliningrad, quando ancora i tassi erano “solo” al 7,5%. Il governatore della Banca di Russia, Elvira Nabiullina, ritiene invece di non avere alternative: la priorità è la lotta all'inflazione, già pericolosamente in rialzo a inizio 2014. Ma ora c'è soprattutto da salvare il rublo, la vittima più evidente delle sanzioni e del clima di sfiducia che portano con sé, oltre che del calo del petrolio e dell'impatto che avrà sui conti pubblici russi. C'è chi sostiene che nessuna mossa di Bank Rossii servirà a nulla, poiché i germi che attaccano il rublo sono fattori esterni e i fondamentali dell'economia russa, come ripete Vladimir Putin, sono solidi. In una spirale perversa, la debolezza della moneta russa alimenta a sua volta l'inflazione (ora sopra l'8%) e deprime i consumi, gli stipendi, i profitti delle aziende. La grande sfida, a cui si è risolta la Banca centrale russa, è anticipare i tempi e lasciar fluttuare liberamente il rublo, per non incidere ulteriormente sulle riserve in valuta.

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