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Sanzioni, petrolio, rublo: la nuova era glaciale dell'economia russa

In una Russia sempre più lontana dall'Occidente, la crisi nata in Ucraina si è abbattuta sull'economia, ridotta alla stagnazione, forse addirittura a quella che qualcuno ha chiamato “glaciazione”

3. La nuova era glaciale russa / L'ombra delle crisi del passato

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I ribassi del petrolio sono il filo comune alle due grandi crisi passate del rublo, nel 1998 e nel 2008. Ma le situazioni sono molto diverse, e oggi nessuno vede un rischio di default per la Russia, a meno che il petrolio non resti ai livelli attuali per diversi anni. Nel 1998 era sceso a 10 dollari il barile, le riserve della Banca centrale russa erano di appena 11 miliardi di dollari mentre il debito governativo ammontava al 100% del Pil. Finì con un default e con la svalutazione del rublo, anche se dalla crisi nacque poi la ripresa (e l'avvento al potere di Putin). Nel 2008 gli anni di crescita e la prudente gestione dei conti pubblici di Aleksej Kudrin, allora ministro delle Finanze, permisero al governo di affrontare la crisi con 650 miliardi di riserve per la Banca centrale e con un debito sovrano pari all'8% del Pil. E tuttavia, lo Stato spese 200 miliardi di quelle riserve per sostenere l'industria, pesantemente indebitata. Oggi quelle riserve sono ancora considerevoli (430 miliardi), il debito governativo è al 13% del Pil (a confronto con l'87% della Ue) e il budget russo è ancora in surplus. Ma a differenza delle crisi passate, a scatenare la crisi ora è un fattore geopolitico, più imprevedibile.

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