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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2014 alle ore 17:37.
L'ultima modifica è del 25 novembre 2014 alle ore 19:21.

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Sì dell'Aula della Camera al Jobs act. Il testo è stato approvato a Montecitorio con 316 sì, 6 no e 5 astenuti. I deputati dell'opposizione (Forza Italia, Lega, Fdi, M5s) non hanno partecipato al voto finale. Oltre alle opposizioni anche i dissidenti del Pd, che hanno annunciato di non votare il Jobs act, hanno lasciato l'aula della Camera non partecipando alla votazione finale. Tra i primi ad abbandonare l'emiciclo, Gianni Cuperlo. Quaranta deputati del Partito democratico (su un gruppo di 307 componenti) non hanno votato il Jobs act, due hanno detto no al testo, altri due si sono astenuti. «Grazie ai deputati che hanno approvato il Jobs Act senza voto di fiducia». Così Matteo Renzi su twitter. Mentre per il dissidente Pd Stefano Fassina «Renzi alimenta le tensioni sovversive e corporative».

Delega lavoro passa al Senato
Hanno votato il Jobs act 250 deputati Pd, 22 di Sc, 16 di Ncd, 14 del Misto, 12 di Pi, 1 della Lega, 1 di Fratelli d'Italia. In tutto i sì sono stati 316. Il provvedimento passa ora al Senato in terza lettura per il via libera definitivo. Il testo è stato infatti modificato dalla commissione Lavoro, dove sono stati approvati gli emendamenti frutto dell'accordo tra governo e minoranza Pd. L’approdo in Aula al Senato è previsto per il 3 o 4 dicembre. L'accordo raggiunto dalle forze della maggioranza (Pd e Ncd) è blindato, ecco perché non sono previste ulteriori modifiche al testo della legge delega.

Renzi: grazie a chi ha votato sì senza fiducia
«Grazie ai deputati che hanno approvato il Jobs Act senza voto di fiducia», scrive su twitter Matteo Renzi. «Adesso - ha proseguitp il presidente del Consiglio - avanti sulle riforme. Questa è la volta buona». In precedenza il premier aveva ritwittato la nota su twitter del gruppo Pd a Montecitorio: «La Camera approva il Jobs Act. Più tutele, solidarietà e lavoro»

Minoranza Pd divisa: 40 non votano, 2 no e 2 astenuti
La minoranza Pd si è divisa. Quaranta deputati (su un gruppo di 307 componenti) non hanno votato il Jobs act, due hanno detto no al testo, altri due si sono astenuti. È quanto risulta dai tabulati del voto in Aula. I no sono quelli di Giuseppe Civati e Luca Pastorino. Astenuti i civatiani Paolo Gandolfi e Giuseppe Guerini. Ventinove deputati (tra questi Cuperlo, Bindi, Boccia, Zoggia, D'Attorre) hanno firmato un documento in cui hanno spiegato le ragioni per cui non avrebbero parteciperanno al voto finale sul Jobs act. La gran parte dei componenti della corrente che fa riferimento all’ex segretario Pierluigi Bersani (Area riformista), dopo la mediazione portata avanti dal presidente della commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano, ha votato sì al provvedimento.

Civati conferma in Aula: voto in dissenso da Pd
Pippo Civati, con un breve intervento in Aula, ha ufficializzato il suo «profondo dissenso sul provvedimento e sul voto del gruppo di cui faccio parte» e dunque ha confermato: «non mi associo» al sì degli altri deputati Pd al Jobs act.

Fassina: Renzi alimenta tensioni sovversive
«Le parole di Renzi non aiutano la pace sociale. Alimenta le tensioni sovversive e corporative», ha attaccato invece il deputato del Pd Stefano Fassina alla Camera nel corso della conferenza stampa della minoranza Pd sul Jobs Act.

Orfini: Pd voti unito per rispetto comunità
Un appello all’unità del partito a favore del Jobs act, a poche ore dal voto in Aula, era arrivato dal presidente Pd Matteo Orfini. «Faccio un ultimo appello all'unità del Pd - ha detto Orfini - abbiamo raggiunto una larghissima unità sul testo, spero che per rispetto della discussione fatta, dei cambiamenti apportati, del lavoro di ascolto reciproco e della nostra comunità, si voglia fare tutti un ultimo sforzo in Aula».

Guerini: Jobs act ha ampio consenso, dissenso non incide
Il governo non ha mai nutrito in realtà timori sull’esito finale del voto. «C'è un ampio consenso nel gruppo parlamentare, si sta dimostrando con i voti. Su un emendamento qualche deputato ha votato diversamente, ma senza incidere sul risultato, mi sembrano più posizioni di singoli che di aree politiche», ha minimizzato in mattinata il vice segretario del Pd Lorenzo Guerini a proposito del dissenso della minoranza interna al partito democratico.

Bersani: voto sì per disciplina, si lasci spazio a diverse sensibilità
L’ex segretario Pd Pier Luigi Bersani, dopo «i miglioramenti indiscutibili apportati in commissione» ha assicurato che avrebbe votato a favore, in parte «per convinzione» e in parte « per disciplina», ma ha rivendicato la necessità di «lasciare alla sensibilità di ciascuno» se seguire o meno le indicazioni di partito. Mentre per l’ex segretario Pd Guglielmo Epifani, «se si fa un lavoro per migliorare il testo, ti comporti di conseguenza e lo voti».

Cuperlo: non ci sono condizioni per il via libera
Diversa la posizione di Gianni Cuperlo e della sua area. «Noi non ci sentiamo di esprimere un voto favorevole su jobs act» aveva annunciato l’ex presidente del Pd a margine di un incontro con Sel e la Fiom lombarda. «Il punto a cui si è arrivati - ha sottolineato - non è soddisfacente. Il problema non è come licenziare ma come assumere». «Per noi - ha aggiunto Stefano Fassina - è uno strappo rilevante, perché noi siamo parte della maggioranza, ma non voteremo per questa delega. Non saremo un gruppo sparuto, ma un numero politicamente impegnativo. E non temiamo conseguenze disciplinari».

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