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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2014 alle ore 15:43.
L'ultima modifica è del 11 dicembre 2014 alle ore 18:21.

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Il diritto allo sciopero «è sancito dalla nostra Costituzione» ma «in un momento in cui l'economia viaggia alla velocità della luce, utilizzare uno strumento non voglio dire vecchio ma tradizionale lascia qualche dubbio. Abbiamo bisogno di più coesione nel Paese». Lo ha detto il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, intervenendo a un convegno sulla sicurezza («abbiamo dedicato in questi anni a questo tema un'attenzione molto più elevata di quello che si faceva prima - ha detto il leader degli industriali - siamo industrie moderne»), in merito allo sciopero generale indetto per domani da Cgil, Uil e Ugl.

Squinzi: sciopero strumento tradizionale che mi lascia dubbi
«Non voglio obiettare nulla sulla liceità di scioperare - ha sottolineato Squinzi - se i lavoratori e le loro organizzazioni decidono di andare in questa direzione è un loro diritto. Però in questo momento in un Paese che ha perso in sette anni il 25% dei volumi di produzione, che ha distrutto il 15% della capacità produttiva e con il 13% di disoccupazione e oltre il 44% tra i giovani, credo che avremmo bisogno di più coesione per spingere tutti nella direzione di ritrovare uno sviluppo nel Paese». Sviluppo che, secondo Squinzi, «passa da una ripartenza dei consumi».

Italia ferma, Jobs act da solo non basta
Per Squinzi «l'Italia è ferma e ha bisogno di ripartire», il Jobs act «va nella giusta direzione, ma da solo non basta». Ribadito il giudizio «sostanzialmente positivo» sulla legge di stabilità, ma per essere confermato «si devono aspettare i testi definitivi». Il presidente di Confindustria ha promosso, in particolare, «l'eliminazione del costo del lavoro dall'Irap, la decontribuzione per i nuovi assunti a tempo indeterminato per i primi tre anni». Tutte cose che «vanno nella direzione giusta». Qualche perplessità invece rimane sul fatto che siano previsti pochi investimenti sulla crescita. «Gli investimenti sono pressoché nulli sulla ricerca - ha rimarcato Squinzi - e poi c'è il discorso fiscale con l’Imu sui capannoni dove non pensiamo sia stato fatto quello che andava fatto».

Piano Juncker non convince
Il piano di investimenti da 300 miliardi del presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, non convince però il numero uno degli industriali. «Non mi convice molto - ha detto Squinzi - rischia di creare ulteriori disparità perché i ricchi diventeranno sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri». Tuttavia non è la strada giusta secondo il numero uno di Confindustria la critica a oltranza all’Europa e all’euro: «Uscire dall’euro sarebbe un grande male. Sarebbe una catasfrofe». Con queste parole Squinzi, interpellato dal quotidiano online Affaritaliani.it, ha commentato la proposta della Lega e del Movimento 5 Stelle di uscire dall'euro.

Expo 2015 manna dal cielo, gancio per uscire da crisi
Squinzi, presentando la nuova squadra di Federalimentare, ha poi definito Expo 2015 «un'occasione imperdibile per il Paese tutto il Paese», una «manna dal cielo», nonché «il gancio giusto per uscire dalla crisi», perciò «da afferrare nel migliore dei modi».
«Da maggio - ha aggiunto il presidente di Confindustria in occasione della presentazione del neo presidente di Federalimentare, Luigi Scordamaglia, e della sua squadra - ci giochiamo la nostra credibilità. Dobbiamo farcela».

Perplesso sulle agenzie di rating, serve un'agenzia europea
Quanto al declassamento dell'Italia da parte di Standard & Poor's, Squinzi si è detto «perplesso» sulle valutazioni delle agenzie di rating. «Non posso dimenticare - ha spiegato - che fino al giorno prima del crollo, Lehman avesse il massimo della valutazione e il giorno dopo è fallita». E ha aggiunto: «La soluzione è creare un'agenzia europea indipendente di valutazione che non possa essere sospettata di essere condizionata dai poteri politici o economici».

Inchiesta Roma Capitale, da italiano sono molto demoralizzato
Non è mancato un riferimento all’inchiesta Mafia Capitale. «Da italiano mi sento un po’ demoralizzato», ha detto il leader degli industriali, che ha sottolineato: «Siamo a piena disposizione e in sintonia con Cantone (presidente dell'autorità anticorruzione, ndr). Le nostre strutture stanno lavorando. Il contributo di Confindustria contro la corruzione non mancherà».

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