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Questo articolo è stato pubblicato il 30 dicembre 2014 alle ore 06:36.
L'ultima modifica è del 30 dicembre 2014 alle ore 08:07.

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Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi (LaPresse)Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi (LaPresse)

Privatizzazioni e municipalizzate

Il 2015 sarà anche l’anno delle privatizzazioni, assicura Renzi. Sì alla quotazione di Poste italiane (nel 2015) e di Ferrovie (tra il 2015 e il 2016), ora partecipate interamente dallo Stato. La frenata c’è invece sull’ipotesi di collocare sul mercato un’ulteriore quota di Eni (4,35% la quota del Tesoro, 25,76% quella Cdp): «Sono tutte da verificare le condizioni del mercato, con il petrolio in queste condizioni dobbiamo valutare». Quanto alle municipalizzate, resta «l’obiettivo di passare da 8mila a mille». Ma prima di quotare le municipalizzate «con margini di inefficienza pazzeschi» (nello sblocca-Italia e poi nella Legge di stabilità era stato ipotizzato un intervento di fiscalità agevolata in questo senso) occorre «compattarle», definite «un numero minimo di aziende per ambito che sono costrette a mattersi insieme».

Nessun rischio contagio

«Mi sento di escludere totalmente un effetto contagio della Grecia sull’Italia», assicura poi Renzi riferendosi alla Grecia che si avvia a tornare alle urne e alla possibilità che vincano gli euroscettici di Alexis Tsipras. «I rendimenti dei titoli italiani sono al 2.01%, sono ai minimi storici. L’Italia ha una grande industria manifatturiera, condizioni economiche decisamente positive al netto del grande problema del debito. Con tutto il rispetto per la Grecia, direi che la similitidine andrebbe fatta tra noi e la Germania».

Il passaggio Italicum-Quirinale

Il convitato di pietra di tutta la conferenza stampa, durata più di due ore, è stata naturalmente l’imminente successione a Giorgio Napolitano. Renzi ha risposto infastidito alle varie domande sull’argomento dicendosi sicuro che «ci sono i numeri». Ma il suo insistere sull’importanza del patto del Nazareno che si estende, nel metodo, anche al Quirinale conferma che la strategia è quella di tamponare i franchi tiratori nel Pd (ma anche dentro Fi) con un accordo largo su un nome autorevole da eleggere dopo la quarta votazione. «Il Capo dello Stato ha funzioni politiche con la “p” maiuscola», è l’unico indizio lanciato da Renzi rispondendo a una domanda sulla possibilità di una soluzione “tecnica” (sono stati fatti i nomi di Padoan, Draghi e Visco). Ma prima della battaglia del Quirinale va approvato l’Italicum in Senato e la riforma costituzionale alla Camera. «Bisogna chiudere prestissimo perché c’è un limite a tutto», è l’avviso ai naviganti. E senza cambiamenti, è il messaggio alla minoranza del Pd in guerra contro i capilista bloccati: «Il sistema funziona, è come un Mattarella con le preferenze», dice Renzi riferendosi al fatto che i capilista nei cento collegi sono un po’ come i candidati dei collegi uninominali della vecchia legge.

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I NODI

Il ruolo della minoranza Pd

L’esponente della minoranza del Pd Cesare Damiano commentava ieri con soddisfazione a fine giornata la decisione del premier Matteo Renzi di stralciare dal decreto sul Jobs act i dipendenti pubblici: «Il premier ha messo una pietra tombale, dopo l’opting out e lo scarso rendimento, anche all’ultima pretesa di Ncd e di Pietro Ichino di trasferire le regole del Jobs Act al settore pubblico». Chiaro che nella decisione di Renzi di “posticipare” la questione c'è anche l’intento di non creare altri motivi di tensione con la minoranza del suo partito, che invece il premier ha interesse a tenere il più possibile compatto in vista del voto sul Quirinale

La partita per il Colle

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha insistito sull'importanza del patto del Nazareno. Che si estende, nel metodo, anche al Quirinale. È una conferma che la strategia per l’elezione del nuovo inquilino del Colle (presumibilmente dopo la fine del semestre europeo a guida italiana) per il premier è quella di tamponare i franchi tiratori nel Pd (ma anche dentro Fi) con un accordo largo su un nome autorevole da eleggere dopo la quarta votazione. «Il Capo dello Stato ha funzioni politiche con la “p” maiuscola», è l’unico indizio lanciato da Renzi rispondendo a una domanda sulla possibilità di una soluzione “tecnica” (sono stati fatti i nomi di Padoan, Draghi e Visco).

Le riforme e l’Italicum

Ma prima della battaglia del Quirinale va approvata la riforma della legge elettorale in Senato e la riforma costituzionale alla Camera. «Bisogna chiudere prestissimo perché c'è un limite a tutto», è quanto ha detto il premier, con un avvertimento a quanti vogliono portare per le lunghe la questione. E senza cambiamenti, è il messaggio alla minoranza del Pd in guerra contro i capilista bloccati (voluti con forza da Silvio Berlusconi e Forza Italia). «Il sistema funziona, è come un Mattarella con le preferenze», dice Renzi riferendosi al fatto che i capilista nei cento collegi sono un po’ come i candidati dei collegi uninominali della vecchia legge elettorale

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