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Questo articolo è stato pubblicato il 01 gennaio 2015 alle ore 09:32.
L'ultima modifica è del 01 gennaio 2015 alle ore 19:39.

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«Le mie riflessioni avranno per destinatario anche chi presto mi succederà». Lo dice quasi all'inizio del suo messaggio di fine anno con cui si congeda dagli italiani annunciando a breve le sue dimissioni. E appunto le riflessioni che svolgerà, dice, sono rivolte anche a chi arriverà dopo di lui. Un'«eredità», quasi, lasciata al prossimo presidente della Repubblica che ha una parola chiave: «normalità».

Tornare cioè a quella regolarità istituzionale che si era interrotta proprio con la sua rielezione al Colle. Una regolarità o normalità che include innanzitutto il «pieno compimento» delle riforme istituzionali. Era stata quella la missione con la quale aveva accettato il secondo mandato e ora che il processo si è messo in moto deve arrivare al traguardo. Un traguardo che Napolitano sembra voler condividere con il successore.

Dunque, l'auspicio è di una «continuità», di una staffetta che possa ancora essere da stimolo al Parlamento per arrivare a varare la nuova legge elettorale ma anche la riforma del bicameralismo. Del resto, il momento in cui si eleggerà il nuovo capo dello Stato - probabilmente le votazioni cominceranno i primi di febbraio - cade proprio nel mezzo della fase costituente. Sia l'Italicum che la riforma del Senato saranno al secondo passaggio parlamentare e, dunque, il guado non sarà ancora superato. Insomma, se Napolitano ha vissuto - e molto stimolato - l'accensione del motore delle riforme, si augura sia il prossimo inquilino del Colle a vedere la fine di un percorso.

Non ignora le incognite e i possibili intoppi dei prossimi passaggi. Ma non li enfatizza. Si appella al Parlamento alla prova di «maturità e responsabilità» a cui sarà chiamato con le prossime elezioni per il Quirinale ed è in quel momento che chiede alle forze politiche quella normalità che si era inceppata nella primavera del 2013, con quel «grave sbandamento» post elettorale che portò alla sua rielezione.

Non ha parlato di date per le sue dimissioni. Il congedo dagli italiani è stato chiaro ma senza ulteriori dettagli. Seguirà il percorso istituzionale, cioè informerà i vertici istituzionali, presidenti di Camera e Senato e presidente del Consiglio, del giorno delle sue dimissioni anche se un indizio lo lascia. Cita la fine del semestre europeo di presidenza italiana come suo orizzonte. Il 13 gennaio Matteo Renzi chiuderà, con un discorso a Strasburgo, il semestre e da quel giorno Napolitano considererà concluso il suo mandato. Lasciando in eredità le due parole chiave: normalità istituzionale e pieno compimento delle riforme.

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