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Per la Bce un inizio d’anno col botto

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Per la Bce un inizio d’anno col botto

  • –Alessandro Merli

Diceva l’ex governatore della Banca d’Inghilterra, Mervyn King, che un banchiere centrale di successo dovrebbe essere noioso. Per sua sfortuna, alle soglie del 2015, il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, non ha alcuna chance di essere noioso. Né di annoiarsi per i prossimi dodici mesi. Resta da vedere se avrà ugualmente successo.

Del resto, l’affermazione di King (come quella di John Maynard Keynes, secondo cui gli economisti dovrebbero essere «umili e competenti», come i dentisti) risale a un’epoca precedente alla crisi finanziaria globale e alla crisi dell’euro, quando le banche centrali potevano rischiare qualche periodo di noia. Basta un’occhiata al calendario di gennaio per rendersi conto che, per Draghi e i suoi 24 colleghi nel Consiglio direttivo della Bce, le prospettive sono ben diverse. Del resto, lungi dall’assomigliare ai dentisti di Keynes, i banchieri centrali sono diventati oggi superstar mediatiche.

La prima riunione, il 7 gennaio, li chiamerà a fare il punto sui lavori preparatori per nuove misure di stimolo, ritenute ormai inevitabili, ma non per questo meno controverse. Nello stesso incontro, dovranno esprimere quanto meno un silenzio-assenso sui piani presentati dalle banche che hanno fallito l’esame della Bce stessa nell’autunno scorso. La vigilanza bancaria europea, di cui si è presa l’incarico a partire da novembre, sarà un’altra ragione per cui la noia non è destinata a prevalere a Francoforte.

Lo stesso giorno usciranno i dati sull’inflazione nell’Eurozona nel mese di dicembre: il calo da 0,3 a sotto zero, seppur dovuto in massima parte al crollo del prezzo del petrolio, non potrà comunque non avere un impatto anche psicologico rilevante. L’ultima volta che l’inflazione nell’area euro è stata negativa, è stato nel 2009, in piena recessione. Gli effetti sulle aspettative, che la Bce controlla da vicino, sono altrettanto importanti.

Il 14 gennaio, l’avvocato generale della Corte di giustizia europea si pronuncerà sul caso sollevato dalla Corte costituzionale tedesca, sulla legittimità degli acquisti di titoli anti-crisi, il cosiddetto piano Omt, lanciato da Draghi due anni e mezzo fa e mai utilizzato. La sentenza definitiva arriverà fra diversi mesi, ma mai in passato la Corte si è discostata dal parere dell’avvocato generale. E anche se l’Omt e il Qe (il quantitative easing in funzione di rilancio dell’inflazione) sono dal punto di vista legale due animali diversi, è difficile pensare che la pronuncia sul primo non abbia qualche influenza sul secondo. Una bocciatura anche parziale dell’Omt limiterebbe la Bce nel fare «tutto il necessario» promesso da Draghi per salvare l’euro.

Il 22 gennaio, si svolgerà finalmente la riunione di consiglio sulla possibile introduzione del Qe, compreso l’acquisto su vasta scala di titoli di Stato: è il probabile punto di svolta dell’anno, e potrebbero esserlo anche della presidenza Draghi. Inevitabilmente andrà incontro a uno scontro durissimo, non solo in consiglio, ma fuori, soprattutto in Germania, e per diversi mesi, con probabili nuovi strascichi legali. L’adozione del Qe è ormai data talmente per scontata dai mercati finanziari che ogni incertezza, anche nelle forme, potrebbe costare un contraccolpo pesante.

Per di più, solo tre giorni dopo, il 25 gennaio, la Grecia andrà a votare: il partito favorito dai sondaggi è Syriza, che ha tra l’altro promesso una rinegoziazione del debito estero (buona parte del quale è oggi in mano a istituzioni ufficiali, fra cui la Bce). Se la Bce non prenderà le sue decisioni con un occhio al risultato delle urne ad Atene, le modalità del Qe potrebbero esserne comunque influenzate, per esempio con l’esclusione, almeno temporanea, del debito greco dagli acquisti.

L’inizio dell’anno, insomma, non promette noia per la Bce, ma fuochi d’artificio. Andrà verificato nei mesi successivi se gli eventi delle prime settimane avranno un effetto duraturo. Anche fra i sostenitori del Qe, più d’uno ha qualche dubbio sulla sua efficacia, al di là dell’effetto di annuncio, nell’ottenere l’obiettivo principale, quello di far risalire l’inflazione e offrire un po’ di stimolo all’economia, anche attraverso la svalutazione del cambio.

Altro che noia, il destino della Bce nel 2015 è la maledizione cinese di vivere in “tempi interessanti”.

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UN ANNO DI NOVITÀ PER LA BANCA CENTRALE EUROPEA

IN MENO A VOTARE

L’ingresso della Lituania (19° Paese membro della zona euro) ha fatto scattare nuove modalità di voto all’interno del Consiglio direttivo, che raccoglie i governatori delle banche centrali nazionali. Le regole prevedono infatti che, superata la soglia di 18 membri, il numero dei governatori con possibilità di voto non possa superare i 15, divisi in cinque “grandi” (Italia, Francia, Germania, Olanda e Spagna) e 14 “piccoli”. Ogni mese, un grande e tre piccoli saranno costretti ad astenersi. Cosa che alla Germania di Jens Weidmann toccherebbe a maggio e ottobre. Pur potendo partecipare al dibattito.

Fino a oggi la Bce prendeva le proprie decisioni di politica monetaria il primo giovedì di ciascun mese. Ma d’ora in poi il Consiglio dei governatori si pronuncerà solo una volta ogni sei settimane, sull’esempio della Fed americana. Anche se le riunioni dedicate ad altri temi continueranno a svolgersi almeno una volta al mese. In questo modo, la Bce vuole evitare di alimentare speculazioni dei mercati e attese politiche a intervalli troppi ravvicinati. Anche il bollettino della Banca sulla situazione economica - finora mensile - sarà pubblicato ogni sei settimane, due settimane dopo la riunione di politica monetaria.

MINUTE DEI DIBATTITI

Ispirandosi anche in questo caso alla Federal Reserve degli Stati Uniti, i guardiani dell’euro inaugurano nel 2015 un nuovo modello di trasparenza, con la pubblicazione delle “minute” delle loro riunioni. Un resoconto delle discussioni in seno al Consiglio pubblicato a un mese da ciascuna riunione di politica monetaria. Conterrà anche una veduta d’insieme sui mercati e l’economia reale. Il documento deve permettere al grande pubblico di comprendere meglio i dibattiti e il processo decisionale. Ma per proteggere i propri membri da eventuali pressioni politiche, il protocollo resterà anonimo.