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Obama sfida un Congresso ostile

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Obama sfida un Congresso ostile

  • –Mario Platero

NEW YORK

Da oggi, con l’inaugurazione del 114° Congresso, i repubblicani partono all’attacco. L’insediamento di 54 senatori repubblicani (contro i 46 democratici, in tutto 14 nuovi senatori) e di 246 rappresentanti (contro i 188 democratici, in tutto 58 nuovi deputati) porterà dalla teoria alla pratica la nuova fase politica che dominerà gli ultimi due anni dell’amministrazione Obama: i repubblicani, per la prima volta in controllo del Parlamento in otto anni, vogliono passare all’azione e vogliono dimostrare, almeno nel 2015, prima della bagarre elettorale per la Casa Bianca, di essere in grado di governare e di ottenere risultati. Sul tavolo, a partire da questa mattina, per iniziativa di Mitch McConnell - il nuovo capo della maggioranza al Senato -partirà il dibattito sull’energia, uno dei più interessanti anche per l’Europa. Alla Camera John Boehner (sarà confermato oggi ma c’è una minoranza di destra che vorrebbe sostituirlo) partirà invece con un’iniziativa per cominciare a modificare la riforma sanitaria di Obama.

A parte le tematiche – ci sarà anche un dibattito sull’immigrazione, sui fondi per finanziare la nuova ambasciata a Cuba, un dibattito sull’educazione – la prova più difficile per tutti, amministrazione e Parlamento, sarà quella di trovare un equilibrio per poter lavorare. Obama avrà la forza del veto presidenziale che potrà imporre contro proposte di legge che non condivide sapendo che al Senato i repubblicani non hanno la maggioranza dei due terzi del voto necessaria per sconfiggere il veto. Ma Obama sa di dipendere dal Senato per l’approvazione di sue iniziative che potrebbero essere strumentalizzate politicamente, come la nomina del nuovo segretario per la Difesa e quella per il nuovo segretario alla Giustizia, che potrebbero essere bloccate dalle commissioni a maggioranza repubblicana.

In questo contesto di conflittualità ci sono due elementi che potrebbero dare spazio all’ottimismo per un dialogo su alcune riforme che entrambi i partiti vorrebbero. Il primo è che McConnell e Boehner vanno molto d’accordo e sono collocati su posizioni più centriste e aperte al compromesso rispetto a molti compagni di partito. La seconda è che Casa Bianca e repubblicani hanno dimostrato di poter lavorare insieme per approvare gli stanziamenti per il finanziamento del governo isolando entrambi gli estremi. Se quella fu una prova generale per il 2015 qualche risultato sarà possibile.

Ma veniamo ai due temi centrali. Per l’energia i repubblicani vogliono l’ok per costruire le condutture Keystone che dovranno portare greggio e gas dal Canada al Golfo del Messico. Il progetto è molto costoso, porterà lavoro in più stati, ma i democratici si oppongono per questioni ambientali e perché preferirebbero usare i fondi per progetti più utili al Paese, come la costruzione di strade e ponti. L’opportunità di costruire le tubature Keystone è in effetti meno interessante oggi con i prezzi del greggio che ieri hanno toccato nuovi minimi per gli ultimi anni a quota 50,04 dollari al barile. Non solo, non è chiara l’utilità per l’America di trasportare prodotti energetici canadesi fino al Golfo del Messico per l’esportazione. Ma implicita nel dibattito per la riforma delle leggi energetiche potrebbe esserci l’opportunità di rimuovere il divieto di esportare greggio americano per questioni di sicurezza nazionale. McConnell vuole un dibattito aperto ed è convinto di poter approvare il passaggio della legge per la costruzione di Keystone. Ma Obama ha già detto che eserciterà il diritto di veto e difficilmente i repubblicani riusciranno a ottenere i voti democratici per accumulare i due terzi necessari.

Per la riforma sanitaria la partita è molto più complessa. Per ora Boehner vuole soprattutto aumentare da 30 a 40 ore alla settimana il minimo di lavoro necessario per poter essere inclusi nel programma federale. Ma la Corte Suprema dibatterà presto un altro tema: la costituzionalità di avere un progetto federale finanziato da fondi statali. La questione è molto complicata sul piano giuridico e per il rapporto fra stati e governo federale, ma è dalla Corte Suprema che potrebbe venire il colpo più duro per la riforma di Obama. Il Congresso repubblicano a quel punto potrebbe cambiare la legge e fare chiarezza sui rapporti fra stato e governo federale, ma lo farà se Obama resiste persino la costruzione di un grande progetto? Si parte con volti e maggioranze nuove dunque ma ancora con una vecchia marcia, quella del muro contro muro: toccherà alle leadership repubblicane e a Obama superare queste vecchie incrostazioni. E Obama ne ha tutto l’interesse: vuole che i suoi ultimi due anni portino almeno qualcosa di nuovo.

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