
«La questione del decreto fiscale? Non me lo chieda, ne so poco».
Dicono che la norma salva-Berlusconi sia stata inserita a Palazzo Chigi…
Non è un mistero. Su questo ha parlato Renzi.
Gutgeld, lei è considerato il più ascoltato consigliere economico di Renzi a Palazzo Chigi. Non aveva avuto modo di valutarla?
Ho condiviso le linee generali del provvedimento. I dettagli specifici sono materia di esperti giuridici e tributari. Io non sono un tecnico di queste materie.
Ma si è fatto un'idea di dove sia nata quella norma?
L'impianto del decreto fiscale nasce dal lavoro della commissione Gallo…
Franco Gallo ha assicurato che lui quella norma sul 3% non l'ha mai proposta…
È noto che su quell'impianto sono stati inseriti altri contributi, interni ed esterni al governo.
Lei non pensa che sia stato un errore inserire quell'articolo? Almeno si potevano escludere le frodi fiscali.
Sul 3% abbiamo applicato il principio della proporzionalità. Per gli aspetti tecnici specifici vanno valutati gli effetti sul gettito e sulla deterrenza all'evasione. La logica di questo decreto è la certezza del diritto. Siamo nella situazione in cui se tutto è penale niente è penale. Abbiamo norme che rendono qualunque scorrettezza un fatto penale e questo crea incertezza per le imprese, in particolare per chi vuole investire dall'estero. Il risultato è che i veri evasori la fanno franca. L'insieme di queste norme ha l'obiettivo di sfoltire e rendere penalmente rilevanti solo i fatti più gravi.
Il vertice di oggi tra Renzi e Padoan ha stabilito che saranno apportate modifiche, ma non prima del 20 febbraio. Non conveniva escludere la norme contestate e approvare il resto del provvedimento che, come lei dice, contiene semplificazioni importanti per le imprese?
Il Paese è in attesa di queste semplificazioni da anni, non è un mese che cambia le cose. Intanto sul fisco abbiamo già fatto molto. Non dimentichiamo che a novembre abbiamo già approvato una trentina di norme di semplificazione. Ma soprattutto in questi giorni si rischia di dimenticare che dal primo gennaio è partita, grazie alla legge di stabilità, una straordinaria riduzione del cuneo fiscale.
Se ne è parlato molto…
Ma ho l'impressione che non tutti gli imprenditori abbiano ancora chiara la portata delle misure approvate. Le faccio vedere delle tabelle (si veda sopra). Soprattutto sulle fasce medio – basse, l'incidenza in busta paga cala enormemente, sia sulle imprese sia sui lavoratori. Per tutti c'è una riduzione del cuneo che varia tra il 20% e il 70%. Una riduzione senza precedenti nella storia degli ultimi decenni.
Intanto ancora oggi l'Istat evidenzia un aumento della disoccupazione e un calo dell'occupazione….
Ci vuole tempo perché i consumatori e gli imprenditori riprendano fiducia. Bisognerà valutare l'impatto di questa riduzione fiscale nei primi mesi dell'anno.
Il pasticcio che è stato fatto con il decreto fiscale di certo non aiuta la fiducia…
Nessun pasticcio, mi pare che qui ci sia anche molta strumentalizzazione politica.
Lei vede interferenze per la questione del Quirinale?
Per la legge elettorale, per il Quirinale… Resta il fatto che per un neoassunto con contratto a tempo indeterminato e reddito annuo lordo di 15mila euro il cuneo fiscale arriva a calare del 73%.
Passiamo aspettarci un proseguimento della riduzione della pressione fiscale anche sul prossimo anno?
L'obiettivo è continuare. Certo dipende dalle risorse ulteriori che potremo trovare con la riduzione della spesa, la stessa crescita economica, la lotta all'evasione.
Per la verità c'è anche il rischio che l'Europa ci chieda una manovra correttiva…
Con l'Europa c'è una negoziazione che stiamo mettendo in campo. Il primo punto è lo scorporo degli investimenti dal deficit, su cui Renzi sta puntando molto. Sappiamo che le risorse che saranno immesse nel piano Juncker potranno essere scomputate dal deficit. Ma il nostro obiettivo è quello di allargare questa regola a tutti gli investimenti.
Difficile avere il via libera dei tedeschi.
Almeno possiamo puntare sugli investimenti pubblici che si portano dietro investimenti privati. Merkel è molto interessata a questo. Facciamolo, almeno per gli investimenti in tecnologia, in cultura, in infrastrutture strategiche
Nel semestre europeo i risultati sono stati modesti. Ora rilancerete su questo punto?
Su questo e su altri due punti. Uno è quello dell'output gap. Oggi ne parlano i tecnici, ma deve diventare una discussione molto politica. Se usassimo la formula dell'Ocse per calcolare il deficit strutturale saremmo in surplus di budget… Ovviamente bisogna negoziare ed essere realistici. Ultimo elemento: io credo che dobbiamo far valere la nostra virtuosità in tema di sostenibilità del sistema pensionistico. Noi siamo (dati europei) in surplus con le attuali dinamiche, i soli in Europa insieme alla Svezia. Usa e Giappone si avviano a un deficit del 10% del Pil, Inghilterra e Spagna sono sopra il 5, la Francia è all'1,6, la Germania all'1,4.
È merito anche della riforma Fornero. Eppure c'è chi vuole smantellarla.
È merito di un sistema interamente contributivo. Dobbiamo sfruttare questa nostra virtuosità. Per esempio prendiamo il tema esodati. Se un operaio deve andare in pensione tra tre anni con 100, io potrei farlo andare subito con una pensione più bassa perché lo pago meno per più tempo. Ma oggi la contabilità europea non mi consente questo, perché quella spesa anticipata mi va sul deficit. Dobbiamo ottenere la flessibilità di poterlo fare. Ci aiuterebbe a gestire il problema degli esodati e della flessibilità dell'età di pensionamento.
© Riproduzione riservata