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Cresce il peso delle comunità musulmane

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Cresce il peso delle comunità musulmane

  • –di Roberto Bongiorni
Musulmani in preghiera  davanti alla basilica di San Petronio a Bologna (Olycom)
Musulmani in preghiera davanti alla basilica di San Petronio a Bologna (Olycom)

In Europa sono ormai una comunità nutrita, che si è in gran parte integrata nella società e nell’economia, a cui offre un importante contributo. È ormai un dato acquisito: i musulmani sono sempre più numerosi. E, stando alle proiezioni, lo saranno ancora di più nei prossimi decenni. Secondo il think thank americano Pew Research Center, la loro percentuale in Europa salirà di almeno un terzo nei prossimi 20 anni, quando rappresenterà l’8% della popolazione complessiva.

Ma sono soprattutto i Paesi più sviluppati, ricchi e con un passato coloniale quelli dove il fenomeno ha assunto proporzioni rilevanti. Non stupisce, dunque, che i musulmani presenti in Italia, pur così vicina alle coste del Nord Africa (da cui proviene la maggioranza dei musulmani europei) siano circa il 2,5% della popolazione (quasi 1,5 milioni secondo la Caritas) mentre molto più a nord siano decisamente di più: dal 6% di Austria e Belgio, al 5% della Svezia.

La Francia resta il Paese che ospita la comunità più grande dell’Unione Europea: oltre sei milioni di musulmani, circa il 10% della popolazione. E anche la città con la più alta percentuale, Marsiglia, con il 30-35%. I Paesi del Nord Africa hanno offerto il contributo maggiore: in testa gli algerini (1, 5 milioni) seguiti dai marocchini (un milione) e dai tunisini (350mila).

Ma quando si parla di comunità religiose è difficile ottenere dati precisi. Comprendere chi osserva realmente i precetti, e chi no. Per esempio, secondo alcune ricerche, solo un terzo dei musulmani francesi si definisce un assiduo praticante. Ci sono tuttavia delle tendenze comuni in alcuni Paesi (tra cui l’Italia). Se ormai i musulmani si sono inseriti nel tessuto sociale ed economico, le posizioni che occupano mediamente non competono, per prestigio e reddito, con quelle delle popolazioni autoctone. Buona parte dei musulmani, soprattutto quelli provenienti dai Paesi asiatici, ma non solo, tendono poi a inviare nei rispettivi Paesi di origine gran parte delle loro entrate. Calcolare il loro contributo all’economia del Paese dove vivono è molto difficile.

Il secondo Paese con più musulmani è la Germania, colpita in questi giorni da manifestazioni xenofobe antislamiche senza precedenti. Qui i musulmani sono circa 4 milioni, il 5% della popolazione. Il Regno Unito è al terzo posto, con 2,8 milioni di musulmani su una popolazione di circa 64 milioni (il 4,6%). Se si sposta l’attenzione non sui valori assoluti, ma sulle percentuali, saltano subito all’occhio Paesi come Austria (6,2%) , Belgio (6%) e Olanda (5,5%) e Danimarca (4,1%).

E l’Italia? Secondo l’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia (Ucoii) , sono già 1,7 milioni (in gran parte immigrati regolari). «L’apporto dei musulmani - spiegava in un’intervista Izzedin Elzir, imam di Firenze e presidente dell’Ucoii - determina il 4-5% del Pil nazionale, oltre a rappresentare un contributo fondamentale in termini demografici, culturali , religiosi e sociali». La comunità musulmana più numerosa è quella marocchina (500mila) seguita dai tunisini (110mila) e dagli egiziani (circa 90 mila). «Qui, da noi - precisa l’Ucoii al Sole 24 Ore - la maggior parte dei nordafricani svolge lavori nel campo del settore manifatturiero, soprattutto con la mansione di operai. Ma sono anche presenti nel settore della ristorazione (pizzerie) e delle macellerie. Quasi il 90% dei musulmani del Medio Oriente, tra cui siriani e palestinesi, svolge lavori più qualificate, come medico e farmacista». Ma rispetto ad altri Paesi come la Francia, dove i musulmani sono già alla quarta generazione, in Italia l’immigrazione è un fenomeno più giovane. «Qui – conclude l’Ucoii – la gran parte dell’immigrazione è avvenuta a fine anni 90 e poco dopo. Stiamo assistendo alla maturazione della seconda generazione. E un efficace modello di integrazione per gli immigrati ancora non c’è».
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