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Petrolio e racket, così si finanzia il nuovo terrorismo

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L’INCHIESTA

Petrolio e racket, così si finanzia il nuovo terrorismo

Nessuno lo dice, ma la realtà è che tredici anni di sforzi per tagliare i finanziamenti al terrorismo islamista non hanno prodotto grandi risultati. Anzi.
La rete fondata da Osama bin Laden o nata da una sua costola è oggi finanziariamente più ricca che mai.
Che le organizzazioni terroristiche islamiste siano oggi più ricche di prima dell’11 settembre 2001 non è un’esagerazione giornalistica. Lo ha dichiarato la persona che su questa materia ne sa più di qualsiasi altra al mondo. Parliamo di David Cohen, sottosegretario per il Terrorismo e l’intelligence finanziaria del Tesoro americano. In una seduta tenutasi in un’aula del Congresso il 14 novembre scorso, Cohen non solo ha ammesso che al-Qaeda continua a trovare finanziatori, ma ha fatto due clamorose concessioni sull’erede siriano-iracheno della “rete” di bin Laden, il cosiddetto Stato islamico, o Isis. La prima: «Isis ha accumulato un patrimonio senza precedenti (…) ed è l’organizzazione terroristica meglio finanziata di sempre». La seconda: «Non abbiamo soluzioni miracolose, né armi segrete per svuotare le sue casse. I nostri sforzi per contrastare le sue attività di finanziamento richiederanno tempo. E siamo solo alle fasi iniziali».

Insomma, Isis non è solo l’organizzazione terrorista più grande al mondo. È anche la più ricca. Così ricca che, quando ancora vi erano contatti tra loro, al-Qaeda gli aveva chiesto un prestito di 100mila dollari. Così ricca da avere caveau pieni di denaro e metalli preziosi. Dopo la conquista di Mosul, nell’Iraq del nord, le sue truppe hanno infatti preso il controllo di centinaia di milioni di dollari depositati in banca e di altre centinaia in beni di diversa natura.
Insomma, dal punto di vista della potenza di fuoco economico-finanziario Isis è una sorta di al-Qaeda 2.0. Oltre al supporto dei benefattori dell’area del Golfo, i cui fondi continuano ad aggirare i filtri creati in questi anni dalla comunità finanziaria e dalle autorità internazionali, Isis ha costruito una macchina da soldi senza precedenti nella storia del terrorismo mondiale.

Sul primo fronte, quello più “convenzionale” dei ricchi benefattori del Golfo, Matthew Levitt, direttore del “Programma su antiterrorismo e intelligence” del Washington Institute for Near Policy, stima che nel 2013 e 2014 Isis abbia ottenuto oltre 40 milioni di dollari in finanziamenti provenienti dai Paese del Golfo Persico, in particolare Arabia Saudita, Qatar e Kuwait. Ma mentre i finanziamenti sauditi sarebbero stati recentemente arginati in seguito alle pressioni fatte da Stati Uniti e Paesi europei, gli esperti americani ritengono che Qatar e Kuwait si siano per ora limitati a prendere misure solo formali. Il Qatar ha per esempio passato una nuova legge con la quale ha costituito una nuova agenzia di vigilanza sulle associazioni di beneficenza, solitamente usate come schermo dai finanziatori. Ma secondo Levitt questa misura non basta: «Sfortunatamente il Qatar ha una lunga storia di iniziative legislative annunciate con grande fanfara e poi lasciate cadere a vuoto».

Ma il grande salto di qualità di Isis rispetto ad al-Qaeda è dovuto alla diversificazione delle fonti di finanziamento dovuta alle sue conquiste territoriali. Secondo Cohen, i fondi provenienti da benefattori esteri costituiscono una fetta quasi insignificante. Una ben maggiore fonte di alimentazione finanziaria è data dal contrabbando di greggio prodotto nei pozzi siriani e nord-iracheni. «A metà giugno calcolavamo che Isis fosse in grado di generare dal petrolio circa un milione di dollari al giorno. Dopo i bombardamenti riteniamo che la produzione sia fortemente scesa», ha detto Cohen nel novembre scorso. Scesa, ma non interrotta, perché secondo le stime fatte a ottobre dall’Agenzia internazionale per l’energia, la produzione si è stabilizzata sui 20mila barili al giorno.
Per monetizzare quel greggio, l’Isis ha saputo dotarsi delle necessarie infrastrutture. Incluso primitive raffinerie basate in Siria dove il greggio estratto nei pressi di Mosul viene trasportato per essere trattato. Una parte torna poi indietro per servire i 2 milioni di abitanti di Mosul. Un’altra finisce invece contrabbandato in Turchia: dalla cittadina siriana di Ezmerin si diramano circa 500 micro-oleodotti che arrivano al di là del confine, dove poi il petrolio viene venduto alla popolazione locale oppure caricato su autobotti per la vendita altrove.

Altra importante fonte di finanziamento per Isis viene dal contrabbando di reperti archeologici. «Oltre un terzo delle aree archeologiche irachene sono ormai sotto il suo controllo. E il commercio illegale dei reperti razziati da quelle aree costituisce oggi per Isis la seconda maggiore fonte di sostentamento economico», dice Matthew Levitt.
Isis si finanzia poi anche attraverso i riscatti sui rapimenti, che si calcola abbiano prodotto 20 milioni di dollari solo nel 2014, e il racket estorsivo, con il quale, secondo Cohen, «raccoglie svariati milioni di dollari al mese». Nel territorio controllato, oltre a chiedere “il pizzo” a commercianti e imprenditori, ha imposto tasse su tutti i beni commerciati e i mezzi di trasporto. Così come ha prima espropriato e poi messo in vendita migliaia di beni immobili dei cristiani e degli sciiti costretti alla fuga.

A differenza di al-Qaeda, Isis ha indubbiamente una priorità interna: tenere in vita e rafforzare il proprio califfato tra Siria e Iraq. Ed è lì che sta concentrando i propri sforzi militari e le proprie risorse economiche. Ma secondo gli esperti questo non limita il suo raggio d’azione. Si è infatti venuti a sapere di contatti in Pakistan e in Afghanistan con i talebani, nelle Filippine con i separatisti di Abu Sayyaf Group e nel Sinai con il gruppo Ansar Beit al-Maqdis.
«Isis può senza dubbio permettersi un takeover di gruppi islamisti minori da usare per operazioni in giro per il mondo», avverte Patrick Johnston, esperto della Rand Corporation.

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LE RISORSE FINANZIARIE DEL CALIFFATO

I terroristi
La banca dati dei Specially designated global terrorists è la lista nera delle organizzazioni e delle persone che hanno commesso attentati terroristici o che sono considerate ad alto rischio terroristico. È stata creata in seguito all’ordine esecutivo presidenziale firmato dopo l’attacco alle Torri Gemelle,il 23 settembre 2001 da George W. Bush. Includeva inizialmente 27 nomi, oggi ne comprende oltre 800
I nomi sulla blacklist - 800

Il petrolio
Una delle fonti principali di finanziamento dell’Isis, lo Stato Islamico dell’Iraq e al-Sham, è il petrolio. Fino all’estate scorsa l’Isis produceva circa 80mila barili al giorno. Dopo i bombardamenti degli ultimi mesi, la produzione è scesa, ma vengono ancora estratti 20mila barili al giorno.
Nei primi 8 mesi del 2014 le autorità turche hanno sequestrato 20 milioni di litri di greggio contrabbandati dall’Isis.
Barili al giorno - 20mila

Le donazioni
Oltre un terzo delle 12mila aree archeologiche irachene sono sotto il controllo dell’Isis. Una delle principali fonti di finanziamento per questa organizzazione è il contrabbando di reperti.
Inoltre si calcola che nel 2014 l’Isis abbia accumulato 20 milioni di dollari in riscatti da rapimenti. E secondo le stime negli ultimi due anni l’Isis avrebbe ricevuto oltre 40 milioni di dollari da benefattori dai Paesi del Golfo.
Da benefattori - 40 milioni