PARIGI - Una marcia che entrerà nei libri di storia. La manifestazione più imponente dai tempi della Liberazione (un milione e mezzo di persone a Parigi, cui si aggiungono i due milioni e mezzo scesi in strada in decine di città francesi). «Parigi capitale del mondo», come ha detto il presidente francese François Hollande. Del mondo libero, del mondo che dice no all'intolleranza, all'oscurantismo, al fanatismo religioso, culturale e politico, che dice agli uomini neri del fondamentalismo islamico – come spiegano pacatamente i partecipanti al corteo, molti in piazza per la prima volta – “non vincerete”.
La gente ha iniziato a riempire Place de la République già in mattinata. Sulla statua della Marianna in bronzo è stata issata un'enorme matita, diventata il simbolo della difesa della libertà d'espressione fin da mercoledì, dopo il massacro di Charlie Hebdo, con la scritta “Not afraid” da una parte e “Free” dall'altra.
Poco dopo le tre e mezza si è avviata la marcia “ufficiale”. Sul Boulevard Voltaire, che porta il nome dell'uomo che simboleggia l'illuminismo e appunto la lotta contro il fanatismo religioso, hanno cominciato a sfilare i familiari delle 17 vittime dei tre giorni più bui della storia francese recente. Molti in lacrime, alcuni con in mano dei fogli di carta bianca con i nomi delle vittime e in testa la fascia “Charlie”. Immagini da brivido. Una testa del corteo che a Nation è stata accolta da un boato e dal canto della Marsigliese.
Dietro di loro, in una scena che nessuno dimenticherà mai, Hollande e i cinquanta capi di Stato e di Governo che hanno deciso di essere presenti in questo momento incredibile di unità, di testimonianza, di raccoglimento, di solidarietà. Che al loro passaggio raccolgono gli applausi dalle finestre e dai balconi.
Alla sinistra del presidente francese il presidente del Mali (dove i militari francesi stanno combattendo al-Qaeda) Ibrahim Boubacar Keita e alla destra la cancelliera tedesca Angela Merkel. Subito dopo, da una parte e dall'altra il premier israeliano Benyamin Netanyahu e il presidente dell'Autorità palestinese Abu Mazen, distanti appena cinque metri.
Ancora più indietro, preceduti dall'enorme striscione “Nous sommes Charlie”, i membri del Governo e i leader politici francesi (con la sola eccezione di Marine Le Pen, del Front National). Per una volta, eccezionalmente uniti, senza bandiere di partito, senza polemiche, senza distinguo.
I momenti più commoventi ci sono stati quando – a Place Léon Blum – Hollande ha lasciato i capi di Stato e di Governo (che hanno abbandonato il corteo, dopo circa 200 metri) ed è andato a salutare i familiari delle vittime. Incredibile, per intensità, il lungo abbraccio con Patrick Pelloux, il medico del pronto intervento, collaboratore di Charlie Hebdo, che è intervenuto per primo sul luogo della strage.
E' stato lui ad avvertire Hollande, che gli ha immediatamente risposto “Arrivo”.
E poi le centinaia di migliaia di persone qualsiasi - tutte animate dalla stessa voglia di esserci , di reagire, di difendere il diritto a essere liberi, inalberando cartelli con la scritta “L'amore è più forte dell'odio” – si sono lentamente mosse, una marea umana che ha riempito, in un clima festoso che certo non sarebbe dispiaciuto ai vignettisti di Charlie Hebdo, anche tutta la zona intorno al percorso da République a Place de la Nation. A due passi dall'ipermercato kasher dove venerdì Amedy Coulibaly – un cui video che rivendica l'attacco a nome dell'Isis circola sul web e nel cui appartamento è stato scoperto un vero e proprio arsenale – ha ammazzato quattro ebrei.
Per loro, e per tutte le vittime dei tre mostri di Parigi, in serata c'è stata una cerimonia alla grande sinagoga di Rue de la Victoire, dove Netanyahu ha incontrato una comunità ebraica impaurita. E ancora una volta Hollande – che dopo aver lasciato il corteo è andato a trovare la famiglia di Ahmed Merabet, il poliziotto ucciso a freddo da Said Kouachi sul marciapiedi di fronte a Charlie - è presente. Simbolo di un Paese colpito al cuore ma intenzionato più che mai a combattere, e vincere, anche questa nuova, terribile guerra.
Mentre sui pannelli luminosi del Comune di Parigi che si trovano un po' ovunque in città si legge: “Sono poliziotto, sono ebreo, sono musulmano, sono ateo, sono francese, sono cittadino del mondo, sono Charlie”. E nella notte parigina migliaia di candele si accendono un po' ovunque per le tante veglie spontanee di preghiera, di raccoglimento, di ricordo. No, non vinceranno.
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