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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2015 alle ore 11:50.
L'ultima modifica è del 13 gennaio 2015 alle ore 16:53.

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La salma di Ahmed Merabet portata in spalla dai colleghi della polizia francese (Epa)La salma di Ahmed Merabet portata in spalla dai colleghi della polizia francese (Epa)

A quasi una settimana dall’attacco al giornale di Parigi, il settimanale satirico Charlie Hebdo, il coordinatore europeo per la lotta contro il terrorismo, Gilles de Kerchove, ha messo in guardia contro il rischio di nuovi attentati e i pericoli della «radicalizzazione nelle carceri». Lo fa in un'intervista esclusiva rilasciata alla France Presse. «Non potremo impedire un nuovo attentato (...) Ma possiamo cercare di evitare il più possibile che accada senza entrare in una società totalitaria» ha detto, sostenendo che «le prigioni sono un'incubatrice di radicalizzazione massiccia».

«Non c'è una soluzione miracolosa. Si gioca sul tavolo della prevenzione, della rilevazione, della repressione e della dimensione internazionale che si tenta di evitare il più possibile che si ripeta. Ma impedirlo, no; non si può impedire al 100%».

«Abbiamo purtroppo armi che arrivano dai Balcani, dalla Libia, che sono in vendita libera. E ci sono dei pazzi. Quando si ha un facile accesso ai kalashnikov e dei pazzi radicalizzati, è estremamente difficile impedirlo, ma si può tentare il più possibile, senza entrare in una società totalitaria», ha affermato.

Circa 3mila europei sono considerati combattenti stranieri arruolati per unirsi ai gruppi jihadisti in Siria o in Iraq, e il 30 per cento è rientrato nei Paesi dell'Ue. «Bisogna restare molto, molto vigili», ha insistito de Kerchove.

Il numero di francesi che si sono uniti a gruppi jihadisti «ha superato ormai i 1.200 individui, per la sola filiera iracheno-siriana». Lo ha affermato il premier francese Manuel Valls, alla sessione speciale dell'Assemblea Nazionale sugli attacchi dei giorni scorsi.

È il giorno dell'omaggio alle vittime degli atti terroristici in Francia: a Parigi, si è svolta una cerimonia in onore dei tre poliziotti assassinati(ed è già stato sepolto, nel cimitero musulmano di Bobigny l'agente musulmano, Ahmed Merabet); e in contemporanea a Gerusalemme ci sono stati i funerali dei quattro ebrei uccisi nel bagno di sangue scatenato dai fratelli Kouachi e da Amedy Coulibaly.

Ma intanto, all'indomani delle nuove minacce di al-Qaeda, non si fermano le indagini: in Bulgaria è stato arrestato Fritz-Joly Joachin, un 29enne, fermato mentre tentava di attraversare il confine diretto con Turchia, e che «è stato diverse volte in contatto con uno» dei fratelli jihadisti. È stato anche identificato l'uomo che ha aiutato Hayat Boumeddiene, la compagna di Amedy Coubaly, a entrare in Siria e che si intravede nel filmato registrato all'aeroporto di Istanbul: è Mehdi Belhoucine, francese di 23 anni, conosciuto dai servizi segreti per aver fatto parte di una filiera afghana. Secondo il ministro degli Esteri turco Mevlt Cavusoglu, la 26enne Hayat Boumedienne, si trovava in Turchia 5 giorni prima dell’attentato e ha attraversato la frontiera con la Siria l’8 gennaio, confermando dunque i legami con le organizzazioni fondamentaliste presenti nel Paese mediorientale. «È entrata in Turchia il 2 gennaio proveniente da Madrid - ha detto il ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavusoglu - Poi è rimasta una notte in un hotel di Kadiköy (un quartiere di Istanbul, ndr) e infine ha varcato il confine con la Siria l’8 gennaio».

Il presidente, Francois Hollande, ha consegnato la `legion d'honneur´ postuma ai familiari dei tre poliziotti uccisi dai jihadisti: «Clarissa, Franck, Ahmed, sono morti perchè noi potessimo continuare a vivere liberi».

E a Gerusalemme, il presidente israeliano, Reuven Rivlin, ha reso omaggio alle vittime, denunciando l'ondata di antisemitismo in Europa: «È inaccettabile che gli ebrei debbano aver paura di camminare per le strade in Europa 70 anni dopo la fine della Seconda Guerra mondiale». Il presidente israeliano ha aggiunto che gli ebrei sono «benvenuti» in Israele, ma che la loro scelta non deve essere frutto della paura: «La nostra terra è la vostra terra, la nostra casa è la vostra casa. Ma non si può tornare nella terra di Sion per l'angoscia e la disperazione, per gli orrori del terrorismo e della paura. Vogliamo che scegliate Israele per amore di Israele».


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