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Diecimila soldati in più contro il terrore

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Diecimila soldati in più contro il terrore

  • –Marco Moussanet

PARIGI

Il tempo del lutto e del dolore non è ancora finito, in Francia. Questa mattina ci sarà, in Prefettura, una commemorazione dei tre poliziotti uccisi dai fratelli Kouachi (durante il massacro di Charlie Hebdo) e da Amedy Coulibaly (il giorno dopo a Montrouge), mentre a Gerusalemme si svolgeranno i funerali dei quattro ebrei trucidati all’ipermercato di Porte de Vincennes. E venerdì ci sarà una cerimonia solenne agli Invalidi in memoria delle 17 vittime dei tre mostri.

Ma è anche il tempo delle prime decisioni, delle prime misure, dei primi annunci. E anche delle prime prese di posizione politiche, che evidenziano le diverse sensibilità dopo la formidabile prova di unità e compattezza dei giorni scorsi. Con l’avvio di un dibattito sulla necessità, sull'opportunità che la Francia si doti di una strumentazione simile al Patriot Act americano (con la sospensione di molte norme sulla tutela delle libertà individuali), che alla destra non dispiacerebbe affatto. Per il momento il Governo, al termine dell’ennesimo vertice sulla sicurezza all’Eliseo, ha annunciato l'immediato schieramento di 4.700 poliziotti a difesa dei 717 luoghi ebraici a rischio (tra scuole e sinagoghe) e il progressivo dispiegamento nel Paese (operazione che arriverà a regime questa sera) di 10mila militari (un numero mai raggiunto prima, mille in più di quelli attualmente impegnati nelle operazioni all’estero).

Il premier Manuel Valls ha anche detto che ci sarà una generalizzazione delle misure di isolamento dei fondamentalisti islamici detenuti. Nelle carceri francesi i musulmani rappresentano il 40% di una popolazione pari a 68mila persone. Quelli praticanti sono circa 18mila. Quelli ritenuti ad alta pericolosità sono 152. Sessanta di questi, secondo il ministero della Giustizia, «creano problemi di gestione» e sono in isolamento o in una cella singola, distribuiti in sette diverse prigioni. Ventidue sono «refrattari a ogni relazione e con loro non è possibile alcun contatto». Questi ultimi sono raggruppati e isolati nel carcere di Fresnes. Un esperimento che il ministero ritiene positivo, perché «è cessata la pressione costante sugli altri detenuti musulmani».

La prigione è il principale luogo fisico di indottrinamento e conversione al radicalismo islamico. In carcere si sono conosciuti Chérif Koauchi, Coulibaly e il loro “maestro” spirituale Djamel Beghal, che dopo dieci anni di galera è ora in soggiorno obbligato nel Sud ella Francia. Più complicato sembra essere l’obiettivo, pure annunciato ieri, di alleggerire la procedura relativa alle intercettazioni, oggi sottoposta al via libera dell’autorità giudiziaria.

La comunità ebraica sembra abbastanza soddisfatta di queste decisioni (cui si aggiunge la nomina di un prefetto che coordinerà la protezione dei siti), anche se forse non basteranno a frenare l’emigrazione verso Israele (la Francia è stata l’anno scorso, per la prima volta, il Paese con più partenze al mondo, circa 7mila). Mentre si pone il problema della difesa anche dei luoghi musulmani (anche in questo caso soprattutto scuole coraniche e moschee), che da mercoledì scorso sono state oggetto di una ventina di aggressioni.

Il Governo, che afferma di voler dare una risposta «eccezionale ma senza misure straordinarie», ha anche avviato una riflessione su quello che si può fare nelle scuole – in particolare nelle cosiddette Zep, zone a insegnamento prioritario, il più delle volte nelle periferie degradate ad alto tasso d’immigrazione – dove nei giorni scorsi ci sono stati molti episodi di adesione alle azioni dei tre terroristi parigini. E sul possibile rafforzamento delle norme sui “foreign fighters”, già oggetto di una legge varata nel novembre scorso, per impedire la loro partenza per i fronti di guerra e il rientro in Francia qualora fossero riusciti a partire. Ma si tratterebbe di proibire a dei francesi di tornare nel loro Paese.

Nicolas Sarkozy ha dal canto suo sollecitato l’apertura di un dibattito in profondità, senza falsi pudori, sul tema dell’immigrazione. «L’immigrazione – ha detto ieri – non è legata al terrorismo, ma complica le cose. Troppa immigrazione crea difficoltà di integrazione, quindi radicalizza l’identità comunitaria. Che diventa terreno fertile per l’estremismo».

L’ultimo fronte è quello del web, dove prospera la propaganda del fondamentalismo islamico ( decine di migliaia i contatti che ha registrato in questi giorni l’hashtag “Je suis Kouachi, pas Charlie” o l’odioso messaggio Facebook, “Je suis Charlie Coulibaly”, dell’umorista antisemita Dieudonné), una battaglia cruciale ma difficile da combattere.

Sul terreno diplomatico, la polemica sulla mancata partecipazione dell’amministrazione Obama alla marcia dovrebbe chiudersi con l’arrivo a Parigi, venerdì, del ministro degli Esteri John Kerry. Mentre qualche strascico ha lasciato la presenza del premier israeliano Benjamin Netanyahu, che avrebbe deciso di venire solo per non farsi rubare la scena dai suoi avversari alle prossime elezioni. Quanto alle indagini, gli inquirenti sono alla ricerca di un quarto uomo, che avrebbe aiutato Coulibaly, mentre pare ormai accertato che la compagna di quest’ultimo, Hayat Boumedienne, è in Siria. Una commissione d’inchiesta parlamentare cercherà infine di far luce sulle evidenti falle dell’intelligence.

Nel frattempo i sopravvissuti di Charlie Hebdo hanno chiuso ieri sera il numero che sarà in edicola domani, tradotto in 16 lingue e con una tiratura di 3 milioni di copie. Ovviamente con delle vignette su Maometto.

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Charlie Hebdo domani in edicola

Maometto dice che tutto è perdonato e mostra il cartello «Je suis Charlie»