Ora che lo stesso presidente della Repubblica ha deciso di evidenziare pubblicamente come imminenti le sue dimissioni, di fronte a un punto ragionevole di assestamento e di positiva prospettiva futura proprio di quelle riforme per le quali aveva accettato obtorto collo, un anno fa, di essere rieletto, si possono tornare a riprendere in mano il testo costituzionale e l'esperienza repubblicana con le sue prassi, in modo tale da capire come affrontare, nel rispetto delle regole, la conclusione anticipata del mandato presidenziale e, appunto,l'elezione del nuovo presidente della Repubblica.
Questo passaggio può essere suddiviso in cinque fasi: le dimissioni del presidente; la supplenza presidenziale da parte del presidente del Senato; la convocazione del collegio per l'elezione presidenziale entro quindici giorni da parte del Presidente della Camera dei deputati (ossia del Parlamento in seduta comune insieme con tre delegati per ogni Regione, eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze, con la sola Valle d'Aosta che è l'unica regione che esprime un solo delegato); le votazioni presidenziali, con, infine, l'elezione.
Guardando con attenzione nelle pieghe della storia costituzionale, si può evidenziare innanzitutto come le dimissioni anticipate prima della scadenza del mandato presidenziale rappresentino la modalità maggiormente praticata dagli undici Presidenti che si sono succeduti al Quirinale.
Tuttavia, la procedura costituzionale che porta alle dimissioni è pressoché affidata alle prassi, di modo che, i sei presidenti che si sono, nel tempo, dimessi anticipatamente, lo hanno fatto per ragioni per lo più diverse tra loro, posto che la Costituzione espressamente cita, oltre la morte o le dimissioni, l'ambigua fattispecie dell'impedimento permanente, senza naturalmente sottolineare nulla riguardo alle sue cause.
Di sicuro, tuttavia, vi è il fatto che si tratta di un atto personalissimo, senza condizioni né sottoponibile ad accettazione di chicchessia, e che deve essere solamente attestato dal Segretario generale della Presidenza della Repubblica e poi pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
Se dunque le ragioni che portano alle dimissioni anticipate trovano fondamento per lo più nella sfera personale o appartengono al novero delle decisioni che mirano a poter garantire al successore di entrare immediatamente nelle proprie funzioni, di sicuro, è chiaro che, nel momento in cui queste vengono rassegnate, diviene immediatamente operativo l'articolo 86 della Costituzione rendendo, grazie a quanto previsto dal comma 1, il presidente del Senato il soggetto che, nella veste di supplente, esercita le funzioni del presidente della Repubblica, in attesa che, ai sensi di quanto previsto dal successivo comma 2 dello stesso articolo 86, il presidente della Camera dei deputati - entro quindici giorni, salvo che le Camere non siano sciolte oppure manchi meno di tre mesi alla loro cessazione, potendo modificare a quel punto quel termine - convochi il collegio presidenziale per l'elezione del nuovo presidente della Repubblica.
Fissata la prima seduta del collegio presidenziale, con la costituzione dello stesso ai sensi del regolamento della Camera dei deputati, l'articolo 83 della Costituzione diviene a questo punto il timone che guida la procedura, aprendo il testo costituzionale al vivo della politica e dei necessari degli accordi parlamentari tra le forze politiche per raggiungere il quorum previsto nelle differenti votazioni. Infatti, questo articolo prevede che l'elezione del presidente della Repubblica abbia luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell'assemblea per le tre prime votazioni, posto che dopo il terzo scrutinio sottolinea che è sufficiente anche la sola maggioranza assoluta di quel particolare collegio.
Da qui in poi, dunque, sarà la politica a dettare il ritmo della decisione che porterà poi alla votazione decisiva per l'elezione del nuovo presidente.
Non resta che augurarsi che, alla luce appunto del timing scelto dal presidente Napolitano in ragione dei progressivi positivi passi intervenuti riguardo alle riforme costituzionali e all'approvazione di una nuova legge elettorale, questa elezione possa avvenire al primo scrutinio o, almeno, al quarto, quando scende il quorum. Sarebbe la migliore prova che allora la ri-elezione del presidente Napolitano ha rappresentato davvero e fino in fondo, innanzitutto per le forze politiche, uno spartiacque decisivo per prendere atto che il cambiamento non era - ed è - più eludibile.
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