Un proselitismo di matrice jihadista collegato all’Isis. Cellule radicate a Roma e nel Lazio, in sinergia con altri gruppi sparsi soprattutto tra Lombardia e Piemonte, ma anche in Emilia Romagna. Un quadro tracciato da più inchieste del pool anti-terrorismo della Procura della Repubblica capitolina, in cui accertamenti hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati di più soggetti accusati di reati in materia di terrorismo.
Al momento sono quattro i sostituti procuratori che si stanno occupando del fenomeno terroristico legato al fondamentalismo islamico. Ciò che sta emergendo è l’esistenza di più cellule che si rifarebbero ai principi di «guerra santa» già ampiamente sanciti da Al Qaeda. In Procura, comunque, le bocche sono cucite. Ma è certo che presto potrebbero esserci interessanti sorprese sul fronte investigativo. Perché gli agenti della Digos e dei carabinieri del Ros (Reparto operativo speciale) hanno sotto stretto controllo questi gruppi fondamentalisti, in apparenza «autonomi» ma collegati con l’Isis. Stando alle ipotesi formulate dagli inquirenti, potrebbe profilarsi la violazione dell’articolo 270 del codice penale, che punisce con la reclusione chi costituisce o partecipa ad associazioni sovversive con finalità di terrorismo.
Al di là delle cellule radicate in Italia, il nostro territorio è considerato anche il trampolino di lancio per tutti gli aspiranti jihadisti che, anche attraverso gli sbarchi di immigrati sulle nostre coste, serve da base per lo smistamento dei mujaheddin in Occidente. L’Italia, poi, secondo gli analisti avrebbe sottovalutato la presenza dei reduci della guerra in Bosnia, che non hanno mai smesso di trasmettere il messaggio jihadista anche dal carcere e che oggi sono a fianco dell’Isis.
Paolo Gentiloni, ministro degli Affari esteri, in un’informativa al Senato afferma che «non ci sono minacce specifiche all’Italia, ma c’è un contesto che deve suscitare preoccupazione per la dimensione generale del fenomeno». E ha aggiunto che «nessun governo europeo parla di sospendere Schengen. Sacrificare la libertà di circolazione sarebbe un prezzo inaccettabile da pagare al terrorismo».
Gentiloni, infine, ricorda: «Al terrore e alla barbarie dobbiamo reagire senza paura e senza rinunciare ai capisaldi della nostra civiltà». Nessun riscontro, infine, ci sarebbe sulle informative dei servizi di sicurezza statunitensi e israeliani, secondo cui il Vaticano sarebbe l’obiettivo dell’Isis. Lo ha escluso Angelino Alfano, a Radio 24: «Abbiamo fatto ulteriori verifiche e a noi non risulta». Il ministro dell’Interno ha poi aggiunto che nel ddl che sarà presto proposto al Cdm saranno rafforzati «i poteri dell’autorità giudiziaria di spegnere i siti inneggianti all’odio attraverso i quali può avvenire anche il reclutamento di aspiranti jihadisti».
«Non c’è al momento nessun riscontro sulle minacce al Vaticano ma l’allerta è massima», ha poi commentato Diego Parente, capo della Digos. «In Vaticano il servizio era già cospicuo e sostanzioso – ha concluso il dirigente – adesso è stato rivisto come tutto il sistema di sicurezza della città che comprende tutti gli obiettivi sensibili presenti a Roma e che sono numerosi».