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Dossier I miliardi sottratti alla criminalità dalla Dia di Reggio Calabria

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I miliardi sottratti alla criminalità dalla Dia di Reggio Calabria

La sede della DIA di Reggio Calabria
La sede della DIA di Reggio Calabria

Se vuoi sconfiggere le mafie prosciugagli il portafoglio e cerca di evitare che si rigonfi. Una verità elementare che ieri è stata ribadita, con i numeri, dal centro operativo Dia (Direzione investigativa antimafia) di Reggio Calabria e dalla sede di Catanzaro. Dal 2010 i sequestri e/o le confische hanno raggiunto complessivamente il valore di due miliardi.
Nel corso del 2014, oltre ad arrestare sette persone (routine da quelle parti), la repressione dei patrimoni illeciti ha portato al sequestro e/o alla confisca di beni per oltre 524 milioni.

«Quest'ultimo dato deve essere sottolineato con maggiore enfasi – si legge nel comunicato stampa di analisi – atteso che gli strumenti giuridici di aggressione dei beni nelle disponibilità delle organizzazioni criminali, costituiscono indubbiamente l'arma più incisiva a disposizione dello Stato: colpire le loro risorse economiche, patrimoniali e finanziarie, infatti, significa prosciugarne la linfa vitale e svuotare di significato il motivo stesso della loro esistenza».
Tra le operazioni più significative del 2014 c'è innanzitutto “Breakfast”, che punta a smascherare le attività illecite di occultamento del patrimonio riconducibile al latitante Amedeo Matacena attraverso la fittizia interposizione di prestanome.

Le attività investigative sin qui svolte, infatti, hanno consentito di appurare l'esistenza di un groviglio di fittizie interposizioni di prestanome nelle cariche direzionali della galassia di società riconducibili all'ex parlamentare di Forza Italia condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa e ai suoi congiunti, schermi societari attuati attraverso controllate estere e ricorso a conti bancari di società offshore con sede in paradisi fiscali. Il sequestro di beni è stato di circa 50 milioni.
C'è poi l'operazione “Assenzio”, che ha svelato i meccanismi fraudolenti utilizzati da un gruppo di imprenditori per ottenere indebite erogazioni di contributi pubblici.

A capo dell'organizzazione, sempre secondo l'accusa, si trovava Domenico Giovanni Surace, imprenditore operante nella grande distribuzione alimentare, nel settore immobiliare e in quello della scommesse e dei giochi, già consigliere comunale (eletto nel 2007) ed ex presidente della seconda Commissione consiliare “Programmazione e servizi generali” del Comune di Reggio Calabria, destinatario nel 2012 di due ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Tribunale reggino per associazione a delinquere di stampo mafioso, trasferimento fraudolento di valori, truffa aggravata ed altri reati. Tra i soci in affari di SuracE c'era Giuseppe Crocè, altro imprenditore reggino operante nella grande distribuzione alimentare che, come il primo, nel 2012 è stato colpito da due ordinanze di custodia cautelare per i medesimi reati.

In seguito alle indagini patrimoniali eseguite dalla Dia di Reggio Calabria, il Tribunale del capoluogo ha disposto il sequestro dell'ingente patrimonio riconducibile ai due imprenditori (tra cui le quote sociali e patrimoniali di 18 società di capitali e 5 trust, 6 immobili di pregio e altre disponibilità finanziare giacenti presso istituti bancari e assicurativi) per un valore complessivo di circa 125 milioni.
C'è stato poi il sequestro di beni per oltre 13 milioni eseguito nei confronti di Nicola Romano. Dalle risultanze investigative dell'operazione “Saggezza” condotta dall'Arma dei Carabinieri nel 2012, è risultato che Romano, formalmente operaio forestale, di fatto era a capo della “locale” (vale a dire una cellula di ‘ndrangheta con almeno 50 affiliati) di Antonimina (Rc) e, pertanto, è stato imputato dei reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia di beni ed altro.

Il Centro operativo Dia reggino, a seguito di una proposta di applicazione di misura di prevenzione personale e patrimoniale formulata dal Direttore della stessa Dia, ha eseguito un decreto di sequestro emesso dal Tribunale di Reggio Calabria nei confronti dei beni riconducibili a Romano, tra cui i patrimoni aziendali di 4 società (operanti nella vendita di legname e fabbricazione di prodotti derivati, nella produzione di calcestruzzo e nell'agricoltura) e 47 immobili (tra cui 31 appezzamenti di terreno aventi un'estensione di oltre 22 ettari, 7 appartamenti ed un capannone di circa 900 mq).
Una confisca di beni per circa 100 milioni è stata ancora eseguita dalla sezione operativa della Dia di Catanzaro, nei confronti dell'imprenditore cosentino Pietro Citrigno. Quest'ultimo è stato sottoposto a detenzione domiciliare a seguito di condanna definitiva a quattro anni ed otto mesi di reclusione per il reato di usura aggravata riportata al termine della complessa vicenda giudiziaria seguita all'operazione denominata “Twister”.

Il provvedimento di confisca, adottato dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Cosenza, è scaturito dal sequestro operato precedentemente su proposta avanzata ai sensi del codice antimafia dal Direttore della Dia e ha confermato la fondatezza delle investigazioni patrimoniali condotte dagli investigatori. Tra i beni sottratti, ci sono quote di capitale e risorse patrimoniali di 11 società, 35 fabbricati e 4 terreni. Spiccano le cliniche “Villa Gioiosa” di Montalto Uffugo e “Villa Adelchi” di Longobardi (Cosenza), strutture sanitarie accreditate dal Servizio sanitario calabrese.
r.galullo@ilsole24ore.com

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