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Dossier I cantieri di Reggio Calabria senza «patente» antimafia

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I cantieri di Reggio Calabria senza «patente» antimafia

Opere pubbliche avveniristiche, edifici sensibilissimi per la sicurezza, interi spicchi di città tirati su con certificati antimafia apparentemente impeccabili, subappalti in superficie limpidi e imprenditori all’apparenza al di sopra di ogni sospetto. Nessun trucco: per farlo bastano una fiduciaria e un cordone ombelicale oltrefrontiera. È quanto è accaduto e ancora accade, secondo la ricostruzione della Procura, laddove mai dovrebbe accadere: Reggio Calabria, città che ambisce a diventare metropolitana ma che si è spesso guadagnata il primato di zona franca dalla legalità.

Quanto la Dia (Direzione investigativa antimafia) di Reggio, agli ordini del colonnello Gaetano Scillia, ha ricostruito a fine 2014 su delega del pm antimafia Giuseppe Lombardo nell’ambito dell’indagine Breakfast ha dell’incredibile: grazie a giravolte societarie, schermature e (nel migliore dei casi) disattenzione istituzionale (che si fermava alla superficie degli atti antimafia prodotti) sono stati costruiti quartieri e sono stati aperti molti cantieri. La storia parte dalla partecipazione occulta dei coniugi Amedeo Matacena e Chiara Rizzo ( l’uno latitante a Dubai e definitivamente condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, l’altra con obbligo di dimora nell’ambito del filone che ha visto in un primo momento finire in carcere l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola e che la vede indagata per procurata inosservanza della pena e intestazione fittizia dei beni) nella società Co.ge.m., una srl controllata per il 51%, fin dal 29 dicembre 2000 dall’A&A Srl, a sua volta partecipata per il 90% dai coniugi, attraverso la schermatura della fiduciaria italiana Sirefid spa nonché della lussemburghese Seahorse s.a. Nel medesimo “perimetro coniugale” occulto, sempre secondo la ricostruzione della procura reggina, sono comprese Amadeus spa, Ulisse Shipping srl, Solemar srl e New life srl, poste sotto sequestro. Come dire: anche il timone della navigazione era nelle mani di chi non avrebbe potuto tenerlo.

Attraverso la schermatura fiduciaria e quella lussemburghese è stato possibile, scrive Scillia pagina 10 dell’informativa di fine 2014, «eludere sistematicamente la normativa prevista per il rilascio della certificazione antimafia, prevista dall’articolo 10 del Dpr 252/98». In buona sostanza lady Matacena, con la sua condotta, per gli inquirenti ha garantito la prosecuzione di tutte le iniziative economiche che erano state avviate dal coniuge attraverso la società A&A Srl, fornendo così la possibilità di mantenere quella continuità di rapporti e di interessi – che erano stati intessuti da Matacena con la cosca Rosmini, legata agli onnipotenti Condello – che in passato si sono rivelati funzionali anche agli interessi della cosca, come per Lombardo emerge dalla sentenza di condanna dell’ex parlamentare di Forza Italia. Impressionante l’elenco delle opere private e pubbliche – committenti il Comune ma anche il Viminale e la prefettura – aggiudicatesi dalla Cogem.
La più nota è la realizzazione del tapis roulant lungo via Giudecca tra via Marina e via Possidonea, un lavoro approvato il 20 maggio 2005 dalla Giunta comunale per l’importo complessivo di 17 milioni (aggiudicato poi a 9 milioni + Iva). L’opera venne inaugurata il 20 luglio 2009 dall’allora sindaco Giuseppe Scopelliti con tanto di fuochi d’artificio. Nel tagliare il nastro il futuro Governatore (costretto nel 2014 alle dimissioni da una condanna in primo grado a sei anni per irregolarità di bilancio compiute nel corso della sindacatura) dirà che la città «si proiettava verso sud, nel Mediterraneo» mentre invece si era già abbandonata da molto tempo ai sistemi criminali visibili e invisibili che guardavano e guardano verso nord, oltre i confini nazionali.

Ci sono poi i lavori per la costruzione del nuovo cimitero di Cardeto (committente la Prefettura), con un contratto stipulato il 17 maggio 1999, per l’importo di 1.061.407.767 lire + Iva, i lavori di miglioramento della sicurezza delle fasce laterali della pista 15-33 dell’Aeroporto dello Stretto (committente Sogas Spa) con un verbale sottoscritto il 6 dicembre 2002 per un importo di 180.342.234 lire, i lavori di completamento della Palestra dei Vigili del fuoco (committente il ministero dell’Interno), con un contratto stipulato il 18 marzo 2003 per un importo di 304.921,41 euro e i lavori di ristrutturazione e qualificazione di piazza Orange e Via Filippini, con un contratto di appalto stipulato il 16 aprile 2007 per un importo di 230.877,45 euro + Iva e oneri di sicurezza.
Questa è una piccola parte dei lavori messi sotto la lente dalla Procura e dalla Dia anche se va sottolineato che la linea difensiva dei coniugi è quella di negare azioni nebulose di schermatura e la perfetta liceità delle condotte, parlando espressamente di «ricostruzioni fantasiose». Altre indagini sono in corso, anche per periodi antecedenti il 2000. Per esempio sul Palazzo dello sport di Pentimele, sugli appalti concernenti il lungomare (committente le Ferrovie dello Stato spa), sull’appalto relativo alla costruzione di 120 alloggi a San Brunello aggiudicato per 13.924.120.000 lire e addirittura sui lavori di costruzione del nuovo edificio sede della Questura (committente il Provveditorato alle Opere pubbliche per la Calabria).

Il prosieguo delle indagini fornirà nuovi spunti anche sulle complicità, perché Co.ge.m srl ha stipulato ulteriori contratti di appalto con il Comune di Reggio, l’ultimo dei quali risulta registrato al locale Ufficio di registro con il n. 207 del 10 settembre 2012, per 36.200 euro e perché Dda e Dia hanno messo in fila un incredibile numero di società fornitrici della Co.ge.m. (e non solo), tutte colpite da provvedimenti di sequestro o di confisca, in quanto riconducibili a cosche reggine.

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