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Renzi ringrazia: «Non dobbiamo fallire»

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Renzi ringrazia: «Non dobbiamo fallire»

  • –Emilia Patta

ROMA

«Oggi è il giorno della gratitudine e della commozione per quanto fatto da Giorgio Napolitano in questi nove difficili anni. Un grande presidente europeista, un presidente che a me piace ricordare come il presidente dei 150 dell’unità nazionale, perché il senso profondo dell’identità nazionale che Napolitano ci ha ricordato e insegnato non è in contrasto con l’integrazione e con l’europeismo». È il giorno in cui Napolitano lascia il Quirinale, e Matteo Renzi non può che rendergli omaggio. Lo fa di prima mattina riunendo la segreteria del Pd, lo fa durante il Consiglio dei ministri convocato per riferire delle dimissioni appena rassegnate da Napolitano, lo fa ancora durante la presentazione del libro di Barbieri-Giavazzi “Corruzione a norma di legge” seduto al fianco del presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone. Quanto alla domanda delle domande, chi sarà il successore di Napolitano, Renzi si limita a delineare il profilo di «un grande arbitro, custode e garante delle istituzioni»: «Se c’è una cosa che non serve è una ridicola discussione sui nomi. Ci sono tanti uomini e donne in grado di ricoprire quel ruolo. La scorsa volta la politica non ce l’ha fatta, ma noi ora non possiamo fallire».

Che la ferita dei “101” traditori che quasi due anni fa affossarono un candidato come Romano Prodi bruci ancora ne sono convinti un po’ tutti, nel Pd. Ma proprio per questo - dice mostrando una certa sicurezza il giovane capogruppo a Montecitorio Roberto Speranza, che renziano non è - l’errore non sarà ripetuto: «Allora c’erano 181 deputati appena arrivati per la prima volta in Parlamento, oggi c’è molta più maturità e consapevolezza». E che si debba partire dal Pd è chiaro anche al premier, che ha delineato un percorso che porta dalla segreteria alla direzione - convocata per domani - fino all’assemblea degli oltre 450 grandi elettori democratici che sarà riunita a ridosso dell’inizio delle votazioni del Parlamento in seduta comune (il 29 gennaio alle ore 15.00). È dentro il Pd, dentro la sua storia di ex diessini ed ex popolari, che sarà individuato il nome o la rosa di nomi - su questo il premier ancora non ha deciso - da sottoporre alle altre forze politiche, a partire naturalmente da Forza Italia. I nomi che più si fanno in ambienti parlamentari sono quelli dei due ex segretari Ds-Pd Piero Fassino e Walter Veltroni, quello dell’attuale giudice della Consulta Sergio Mattarella, quello dell’ultimo segretario del Ppi Pier Luigi Castagnetti, quello della presidente della commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro. Ma una cosa è sicura: nelle riunioni dei democratici non ci sarà alcuna votazione. Non si ripeteranno gli errori del passato, quando fu appunto un’assemblea dei grandi elettori ad acclamare il nome di Prodi la mattina per poi affossarlo nell’urna il pomeriggio. Il prossimo Capo dello Stato non sarà insomma frutto di “primarie” interne.

I due “sherpa” Luca Lotti e Lorenzo Guerini stanno intanto sondando tutti i parlamentari democratici - fra i quali i non renziani sono più di 100 - per capire su quale nome potrebbero esserci più convergenze. Il vicesegretario Guerini ha anche riunito a cena martedì sera («una cena tra amici», sminuisce) 57 parlamentari dell’area cattolica del Pd. Chiaro che per loro il candidato ideale ha il profilo dei cattolici Mattarella o Castagnetti, e tra Fassino e Veltroni quest’ultimo è sentito più vicino. D’altra parte, assicurano nella minoranza dem, il sindaco di Torino e presidente dell’Anci ha più rapporti nei gruppi del Pd di quanti non ne abbia oggi l’ex sindaco di Roma. E c’è sempre l’incognita Prodi, rilanciato dall’ex segretario Pier Luigi Bersani qualche giorno fa («bisogna ripartire da lì») e sul quale pesa il veto di Berlusconi: che cosa accade se nelle prime tre votazioni Prodi prende 300 voti mentre l’indicazione è quella di votare scheda bianca - si domanda più di un bersaniano -, si ignora il segnale? Il partito anti patto del Nazareno è forse il pericolo più insidioso per Renzi. E le prime prove si vedranno nei prossimi giorni in Senato sull’Italicum.

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LE DATE E I NUMERI IN PARLAMENTO

I DELEGATI REGIONALI

All’elezione del presidente della Repubblica partecipano 58 rappresentanti delle regioni (3 per ogni ente, tranne la Valle d’Aosta che ne elegge uno). Due appartengono alla maggioranza (in genere i presidenti della regione e del consiglio regionale), uno all’opposizione in consiglio. Da lunedì 19 gennaio e fino al 27 sono stati convocati i 19 consigli regionali per eleggere i loro rappresentati (la Valle d’Aosta ha scelto ieri)

CONVOCAZIONE CONSIGLI

19-27 gennaio

LA PRIMA SEDUTA

In caso di dimissioni del presidente della Repubblica, la Costituzione prevede che sia il presidente della Camera dei deputati a indire la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni (un termine più lungo è previsto se nel frattempo le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione). La data ieri è stata fissata al termine dei 15 giorni dopo le dimissioni di Napolitano: 29 gennaio alle 15

LA VOTAZIONE

29 gennaio

I PRIMI TRE VOTI

Per facilitare un’ampia intesa, la Costituzione prevede che il capo dello Stato, per essere eletto nelle prime tre votazioni, debba ottenere la maggioranza dei due terzi dei grandi elettori: in questa elezione 672 voti su un totale di 1.009 tra deputati, senatori e rappresentanti delle regioni. Il partito con più elettori è il Pd (circa 450) , ma è difficile che, anche con i voti di Fi (circa 140), riesca a coagulare i consensi per l’elezione entro la terza votazione

MAGGIORANZA RICHIESTA

672 voti

DAL QUARTO VOTO

Dalla quarta votazione in poi, servirà una maggioranza più bassa:la metà più uno dei grandi elettori, vale a dire 505 voti. In questo caso al Pd, con i suoi circa 450 voti, mancherebbero 55 voti per scegliere il nuovo capo dello Stato. Un pacchetto che Fi (circa 140 voti) potrebbe ampiamente fornire. Ma a sballare i numeri potrebbero pensarci i dissidenti Pd (i parlamentari non renziani sono più di 100) e quelli di Fi (circa 30)

MAGGIORANZA RICHIESTA

505 voti

I CANDIDATI AL COLLE PIÙ PROBABILI

GIULIANO AMATO

GIUDICE COSTITUZIONALE ETÀ: 76 ANNI

Punti di forza

Curriculum nelle istituzioni (premier e ministro), personalità di area democratica gradita anche a Berlusconi

Punti di debolezza

Non ha un proprio partito e dal Pd potrebbero mancargli voti

RAFFAELE CANTONE

PRESIDENTE ANTICORRUZIONE ETÀ: 51 ANNI

Punti di forza

Giovane e stimato magistrato, simbolo della lotta alla corruzione

Punti di debolezza

Non ha esperienza politica e istituzionale di alto livello

PIER FERDINANDO CASINI

EX PRESIDENTE CAMERA ETÀ: 59 ANNI

Punti di forza

Forte esperienza politica e istituzionale, conosce il mestiere, è stato presidente della Camera

Punti di debolezza

Poco in linea con l’ansia di rinnovamento renziana

SABINO CASSESE

EX GIUDICE COSTITUZIONALE ETÀ: 79 ANNI

Punti di forza

Esperto di diritto amministrativo, da ministro tecnico negli anni ’90 diede il via alla semplificazione della Pa

Punti di debolezza

Età elevata, è più professore che politico

PIERLUIGI CASTAGNETTI

EX SEGRETARIO MARGHERITA ETÀ: 69 ANNI

Punti di forza

Leader dei dc “popolari”, potrebbe avvantaggiarlo l’alternanza cattolica dopo l’ex comunista Napolitano

Punti di debolezza

Come nome «del passato» sarebbe sgradito al M5S

MARIO DRAGHI

PRESIDENTE BCE ETÀ: 67 ANNI

Punti di forza

Il suo ruolo a Francoforte e il suo curriculum lo rendono una delle personalità più auterevoli e stimate

Punti di debolezza

Si è tirato fuori dalla corsa: «Non è il mio lavoro»

PIERO FASSINO

SINDACO DI TORINO ETÀ: 65 ANNI

Punti di forza

Già segretario dei Ds, è considerato vicino a Renzi e può piacere anche alla sinistra Pd

Punti di debolezza

I problemi potrebbero arrivare dalle faide interne

ANNA FINOCCHIARO

SENATRICE ETÀ: 59 ANNI

Punti di forza

È stata ministro ed è una donna: la sua elezione sarebbe una novità

Punti di debolezza

Legata alla vecchia guardia del Pd, ha dato segnali di avvicinamento a Renzi

DARIO FRANCESCHINI

MINISTRO DEI BENI CULTURALI ETÀ: 58 ANNI

Punti di forza

Avrebbe i voti dei centristi che rivendicano un presidente di origine cattolica e il gradimento di Berlusconi

Punti di debolezza

Manca di esperienza internazionale

PAOLO GENTILONI

MINISTRO DEGLI ESTERI ETÀ: 61 ANNI

Punti di forza

Vicino a Renzi, come candidato non di rottura potrebbe ottenere l’ok di Fi

Punti di debolezza

Non piace agli antirenziani del Pd e di Fi

PIETRO GRASSO

PRESIDENTE DEL SENATO ETÀ: 70 ANNI

Punti di forza

Come seconda carica dello Stato, avrebbe chance in caso di impasse dopo i primi voti

Punti di debolezza

Renzi preferirebbe una figura con un più ampio consenso

SERGIO MATTARELLA

GIUDICE COSTITUZIONALE ETÀ: 73 ANNI

Punti di forza

Ex ministro di centrosinistra, potrebbe mettere d’accordo tutto il Pd; lungo corso politico, porta il suo nome la legge elettorale del ’93

Punti di debolezza

Non ha un «profilo renziano»

MARIO MONTI

SENATORE A VITA ETÀ:71 ANNI

Punti di forza

Ex premier ed ex commissario Ue alla Concorrenza, gode di standing internazionale
Punti di debolezza

Con la sua discesa in campo con Sc ha perso neutralità

PIER CARLO PADOAN

MINISTRO DELL’ECONOMIA ETÀ: 65 ANNI

Punti di forza

Personalità di alto prestigio internazionale e non organico al Pd, nonostante sia ministro del governo Renzi

Punti di debolezza

Scarsa esperienza politica

ROBERTA PINOTTI

MINISTRO DELLA DIFESA ETÀ: 54 ANNI

Punti di forza

Se si puntasse su una donna, la ministra del governo Renzi non avrebbe veti da Fi e sinistra Pd

Punti di debolezza

Politica non di primo piano

ROMANO PRODI

EX PREMIER ETÀ: 75 ANNI

Punti di forza

Premier e presidente Ue, fondatore dell’Ulivo. Grande curriculum , potrebbe avere i voti di Pd, Sel e M5S, non solo in chiave anti-Nazareno

Punti di debolezza

Difficili i rapporti con Berlusconi

STEFANO RODOTÀ

GIURISTA E POLITICO ETÀ: 82 ANNI

Punti di forza

Già candidato del M5S al Colle nel 2013, potrebbe ottenere i voti della sinistra del Pd

Punti di debolezza

Candidato di rottura contro Fi

PAOLA SEVERINO

EX MINISTRO DELLA GIUSTIZIA ETÀ: 66 ANNI

Punti di forza

Avvocato di fama internazionale, l’ex ministro di Monti avrebbe chance se si puntasse su donna e fuori dai partiti

Punti di debolezza

Ha poca esperienza politica

WALTER VELTRONI

EX SEGRETARIO PD ETÀ: 59 ANNI

Punti di forza

Primo a parlare di rinnovamento nel Pd (come poi Renzi) e di disgelo con Berlusconi

Punti di debolezza

Personalità con forte connotazione politica

IGNAZIO VISCO

GOVERNATORE BANCA D’ITALIA ETÀ: 65 ANNI

Punti di forza

Grande prestigio internazionale, estraneo ai partiti, sarebbe in grado di tutelare l’Italia in Ue

Punti di debolezza

Non ha esperienza politica