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Dossier La partita del Quirinale scuote le riforme

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    La partita del Quirinale scuote le riforme

    Tutto in pochi giorni. Tra lunedì e mercoledì si deciderà il destino dell’Italicum, della riforma costituzionale e delle alleanze sul Quirinale. Lunedì mattina Matteo Renzi riunirà i senatori del Pd per fare il punto sulla legge elettorale. La mediazione in corso con la minoranza per rivedere la norma sui capolista bloccati al momento non sembra aver portato a un riavvicinamento. Tant’è che i bersaniani hanno già organizzato per quello stesso giorno, a poche ore di distanza, una conferenza stampa. Martedì e mercoledì ad occupare la scena saranno invece i gruppi di Fi. Berlusconi ha convocato per primi i senatori. Il clima tra gli azzurri è pessimo e il rischio per il Cavaliere di un’implosione del partito a pochi giorni dall’avvio delle votazioni per il Quirinale è altissimo.

    Già, il Quirinale. È questa la partita delle partite e in questa chiave vanno lette anche le posizioni assunte sulle riforme. Renzi ieri è stato chiaro: il tempo del dibattito è finito, adesso l’Italicum va approvato. La replica dei bersaniani però è durissima. «Così si rischia una drammatica spaccatura», ha avvertito Alfredo D’Attorre mentre Miguel Gotor continua a a ripetere che l’Italicum con i capilista bloccati «non è votabile».

    Nel mirino della minoranza c’è il Patto del Nazareno che agita però ancor di più Fi. Anche nel partito del Cavaliere non sono pochi coloro che vorrebbero mandare all’aria l’intesa tra Renzi e Berlusconi, ritenuta «un suicidio» per il partito: «Ci stiamo consegnando a Renzi, senza avere niente in cambio». È la convinzione di molti, non solo dei 40 che fanno capo a Raffaele Fitto, il quale a Berlusconi l’altro giorno ha ripetuto, senza giri di parole, quel che già Umberto Bossi gli aveva sussurrato: «Quello ti vuole fregare». E non a caso proprio Fitto ha replicato alla battuta del premier contro i «fannulloni» in Parlamento, sfidando Renzi a darsi da fare sulla delega fiscale «invece di aspettare altri 35 giorni», altrimenti «se non lo fa quale altra spiegazione dobbiamo immaginare?». Domanda retorica, identica a quella formulata dalla minoranza Pd in direzione con riferimento a quella parte del decreto delegato sul famigerato 3% per non incorrere in provvedimenti di carattere penale di cui, secondo alcune interpretazioni, beneficerebbe anche il condannato Berlusconi.

    Un interrogativo che come un tarlo si è insinuato da giorni anche nello stesso Cavaliere , che continua però a ritenere di «non avere altra scelta» che digerire l’intesa apparecchiata al Nazareno, la sola che gli consentirà di poter dire la sua sul Quirinale per evitare di ritrovarsi «ancora una volta con un Presidente contro di me» . Ora però dovrà convincere anche i suoi parlamentari. Il confronto con i senatori martedì sarà decisivo. Se infatti è scontato il voto contrario sull’emendamento della maggioranza sul premio di lista, Fi aveva invece finora garantito il sì decisivo, quello sul voto finale. Ma i fittiani (almeno 18) hanno già anticipato che non ci stanno. Una spaccatura che potrebbe ripetersi il giorno dopo alla riunione del gruppo della Camera sul ddl costituzionale. Se così fosse, Berlusconi rischia di perdere tutto: l’intesa con Renzi sul Quirinale e il partito.

    L’attenzione nei suoi confronti è strettamente legata alla dote di voti di cui può disporre. Per questo sta tentando di coinvolgere Ncd, Udc e Lega, per ricreare una sorta di asse del vecchio centrodestra nel confronto con il premier. Ma gli obiettivi non coincidono. Un Berlusconi in difficoltà fa comodo a tutti: a Salvini che punta a prenderne il posto come leader della destra, ad Alfano per non essere costretto a ripararsi sotto l’ombrello del Cavaliere e naturalmente anche a Fitto che, con i suoi 45 anni, può ancora scommettere sul futuro.