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Dossier Berlusconi-Alfano: al Colle un moderato non-Pd

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    Berlusconi-Alfano: al Colle un moderato non-Pd

    Domenica il faccia a faccia con il leader della Lega Matteo Salvini, ieri l’incontro con Angelino Alfano, oggi quello con Matteo Renzi: Silvio Berlusconi si prepara alla settimana decisiva per il confronto sul Quirinale. Lo fa tentando anzitutto di ricompattare Fi. Va letta in questo senso la telefonata fatta ieri al capogruppo alla Camera Renato Brunetta, duramente redarguito sabato da Berlusconi per gli attacchi «personali» a Renzi e alle riforme.

    Il Cavaliere vuole avere un posto d’onore al tavolo della trattativa e per ottenerlo ha bisogno di un partito unito, di un pacchetto di voti capace di incidere sulla scelta del successore di Giorgio Napolitano. È anche questa la ragione principale dell’incontro prima con Salvini e ieri con Alfano, svoltosi alla prefettura di Milano e al quale erano presenti per i centristi di Area popolare Gaetano Quagliariello, Maurizio Lupi e Lorenzo Cesa e per Fi Niccolò Ghedini e Giovanni Toti.

    La vulgata ufficiale è che non si sia parlato di nomi, quanto dell’identikit del futuro presidente. Principale requisito: non provenire dalle fila della sinistra. Almeno così ha detto Alfano al termine del colloquio, durato circa un’ora e mezza: «Con Berlusconi abbiamo deciso di unire le forze del Ppe per condividere la scelta di un candidato presidente della Repubblica di area moderata e non del Pd». In realtà nomi ne sono stati fatti. E il primo della lista pare sia quello dell’ex ministro di Fi Antonio Martino. Un nome che potrebbe uscire alle prime votazioni per contarsi, a meno che non si raggiunga subito con il Pd un accordo su un candidato condiviso, come ad esempio Giuliano Amato o Pier Ferdinando Casini. Una posizione che appare soprattutto tattica. Il timore infatti è che Renzi replichi quanto già fatto sulle riforme, ovvero giochi su tavoli separati per poi fare autonomamente la sintesi.

    Berlusconi condivide questa impostazione. Per l’ex premier quella del Quirinale è una partita decisiva. Lo prova la disponibilità dimostrata a Renzi sull’Italicum, visto che, nonostante il premio alla lista, alla fine Fi voterà a favore. Ma anche il diverso atteggiamento nei confronti della fronda interna guidata da Raffaele Fitto, con il quale tornerà ad incontrarsi probabilmente già oggi. Per questo non ci sono stati strascichi ieri al voto contrario di 13 deputati all’articolo 1 al Ddl riforme approvato dalla Camera. Un «no» (accompagnato peraltro anche da 28 assenze tra le fila azzurre) che in questo caso è passato quasi inosservato. Anche perché quasi tutti danno ormai per scontato che la riforma costituzionale del bicameralismo non riuscirà a tagliare il traguardo entro il 28 gennaio, prima cioè che il Parlamento si riunisca in seduta comune per il Colle. Uno slittamento che fa gioco a Berlusconi in chiave interna, visto che questa era una delle richieste di Brunetta (che vorrebbe però far saltare anche l’Italicum).

    Il faccia a faccia con Renzi questa mattina sarà un ulteriore tassello. Berlusconi ha difeso il patto del Nazareno e ora vuole verificare se il premier si mostrerà altrettanto disponibile al Patto per il Quirinale.